5 domande difficili a Dario Voltolini

Rincorse di Dario Voltolini (Einaudi)
Rincorse di Dario Voltolini (Einaudi)

“… secondo me in Italia i lettori (ma non solo loro) non cercano né Personaggi né Scrittori Veri” (Dario Voltolini*)

Hai lavorato alla Olivetti, tanto tempo fa. Che ricordo hai di quell’esperienza?

 Ho sostanzialmente buoni se non ottimi ricordi. Ho avuto in quegli anni, cioè dal 1987 al 1994, la possibilità di vedere dall’interno come funziona (va) una grande azienda italiana. Il ricordo più bello, a parte quelli relativi a vicende personali private, è che nel laboratorio dove io sono stato assunto, dove si sviluppavano tecnologie vocali, eravamo compresenti informatici, periti industriali, fisici, ingegneri, filosofi, matematici… quella varietà di formazioni diverse organizzate insieme per un lavoro comune era molto bella, e qui vorrei ricordare l’ingegner Vittorelli che aveva “messo su” questo laboratorio e lo aveva fatto in questo modo. Un brandello di utopia che mi è stato permesso di vivere nella realtà. Poi non voglio sottovalutare l’importanza che hanno avuto per me altre due situazioni olivettiane. La prima è ambientale ed eporediese: in una saconda fase del mio lavoro in Olivetti da Torino ero stato spostato a Ivrea e quella città, che altrimenti non avrei conosciuto così da vicino, mi è rimasta nel cuore e lo è tuttora, anche se la presenza dell’Olivetti su quel terriorio è svanita. La seconda è umana e calabrese: per un periodo ho fatto il “pendolare” fra Ivrea e Rende (Cosenza) dove stavamo trasferendo il laboratorio di tecnologie vocali presso un consorzio chiamato CRAI. Bene, anche quella parte di Calabria e molte persone conosciute lì, che non avrei mai incontrato in vita mia, mi sono rimaste nel cuore. Tutto grazie all’Olivetti. Ti ho detto le cose positive, perché sullo sfacelo e la dissipazione del patrimonio Olivettiano che ho visto con i miei occhi accadere e persino forse volere, non ho che inquietudini ed enigmi, tutti riguardanti il nostro Paese e le sue classi dirigenti.

Scrittore. Con la S maiuscola, altrimenti non vale. Secondo te in Italia perché i lettori cercano personaggi e non scrittori veri?

Domanda difficile. Provo vigliaccamente a cavarmela con una battuta: secondo me in Italia i lettori (ma non solo loro) non cercano né Personaggi né Scrittori Veri (ti ho messo tutte le maiuscole che volevi e che non volevi), ma, più passivamente, ricevono quello che gli si passa con più intensità. E quello che gli si passa sono i Personaggi, non gli Scrittori Veri. Certo, una persona può anche appartenere a entrambe le categorie, ma i Personaggi sono di più e più vari degli scrittori. Percepisco la polemica sottostante la tua domanda e la capisco perfettamente, tuttavia io stesso, che dovrei tifare per gli Scrittori Veri e contro i Personaggi, ho letto “Io, Ibra” ma non le ultime traduzioni di De Lillo.

 Quanto tempo dedichi, ogni giorno, alle invenzioni narrative che metti nelle tue storie?

Non so risponderti. Ultimamente scrivo insieme a Lorenzo Bracco, nel senso che scriviamo a 4 mani, e mi viene da dire che dedico alle invenzioni narrative esattamente il tempo che dedico alla scrittura, cioè quando viaggiamo a pieno regime mediamente quattro ore al giorno, tre-quattro giorni la settimana. Cioè: scrivere è equivalente a dedicare il tempo alle invenzioni narrative.

Sono di parte, se non si è capito: Puoi dirci qual è il tuo libro a cui sei più legato?

Esistenzialmente, al primo, “Una intuizione metropolitana”, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1990, quello che non prevedevo e che invece è capitato e grazie al quale si è aperta la strada per scriverne altri.

Anni fa, mentre facevo un lavoro difficile, in un ristorante colmo di gente strana…c’era un mio amico scrittore che mi guardava dalla strada. Faceva freddo, eppure era lì a guardarmi mentre correvo fra i tavoli portando piatti. Me lo disse un collega. Secondo te, quel mio amico torinese bravo a scrivere, cosa pensava oltre il vetro del ristorante?

 Pensava: bravo Mario, fatichi a faticare e così scriverai cose vere.

 Dario Voltolini* è uno scrittore italiano  nato nel 1959 a Torino. Dopo essersi laureato in Filosofia del Linguaggio ha lavorato nel laboratorio Speech & Language Lab. della Olivetti. Collabora all’inserto “Tuttolibri” del quotidiano La Stampa e alle riviste L’Indice e PulpHa pubblicato negli anni diversi libri che hanno colpito critica e pubblico per le originali invenzioni narrative. Ha scritto radiodrammi per la Rai e libretti per il compositore Nicola Campogrande. Usa da poco facebook e ha un cattivo rapporto con le e- mail e il cellulare. Però se lo incrociate per le strade di Torino è capace di tenervi una buona compagnia per ore, raccontandovi storie incredibili. Il suo ultimo libro, scritto con Lorenzo Bracco, è: “Da costa a costa. Cronistoria di un viaggio per mare “( Booksprint 2012).

 © Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

5 domande a Paolo Melissi

Metro Milano di Paolo Melissi (Historica Editore)
Metro Milano di Paolo Melissi (Historica Editore)

“Si parla di grattacieli, di fantasmi, di storia antica, di serial killer ottocenteschi, di ristoranti egiziani, di sotterranei, di acque scomparse e canali, di leggende, campi Rom…” (Paolo Melissi*)

Sei Scrittore e Redattore. Io però ti conosco anche come aspirante cartografo. Come nasce questa tua passione per le mappe dei luoghi?

Ci sono due elementi  – due “fatti” – che posso rievocare per cercare di giustificare questa passione. E sono due fatti che coincidono con due doni. Molti anni fa mio padre mi regalò il suo atlante scolastico, formato zaino, su cui aveva stampigliato le iniziali F e M con un rudimentale timbro ricavato da un pezzo di gomma modellato. Ci persi completamente la testa! I primi chilometri ho incominciato a percorrerli su quella carta inaridita dagli anni. Poi mi regalò la serie completa delle cartine a rilievo delle regioni italiane realizzata dall’Istituto Geografico De Agostini: una droga gratuita. Così poi mi è capitato di desiderare di entrare in una carta geografica, insomma di poterci camminare.

Sei napoletano, ma vivi a Milano. Cosa sogni quando ti manca Napoli?

A volte sogno le strade di Napoli, che sono esattamente quelle ma anche trasfigurate, dilatate, e percepite come in un trip semi-lisergico. Sogno una Napoli labirintica, più labirintica di quella reale. A occhi aperti sogno invece una Napoli nuova, una Barcellona d’Italia. Sono sempre sogni. La mancanza, dopo tanti anni, ha preso forme diverse da quelle delle origini. Mi manca Napoli come “ispirazione”.

C’è un libro di narrativa per te indispensabile e che porteresti ovunque?

Credo Vita istruzioni per l’uso di Georges Perec. Non sarebbe l’unico, ma è indispensabile e ha il pregio di poter racchiudere tutti gli altri libri indispensabili. Forse perché per me è il simbolo delle infinite possibilità della letteratura e del racconto, l’idea racchiusa in un parallelepipedo cartaceo che non esiste LA letteratura ma infinite possibilità.


Collabori con la rivista Satisfiction. Dimmi la verità: quanti lettori rimborsate ogni anno con la vostra formula soddisfatti (per la recensione) o rimborsati (per il libro)?

In tutta la storia di Satisfiction, se non ricordo male, sono stati solo due i casi di lettori rimborsati. Va anche detto che la motivazione del rimborso deve essere sostenuta da una contro-recensione, che metta in evidenza, quindi, i motivi di insoddisfazione del lettore. Altrimenti sarebbe troppo facile!

Durante le passeggiate d’autore che organizzi, cosa diavolo fate oltre a parlar di libri e mangiare pop-corn? (li mangiate i pop corn vero?!)

Ogni Passeggiata è “firmata” da un autore, quindi ha un punto di vista ben preciso, mai coincidente con quello degli altri. Si parla di grattacieli, di fantasmi, di storia antica, di serial killer ottocenteschi, di ristoranti egiziani, di sotterranei, di acque scomparse e canali, di leggende, campi Rom, cronaca nera, di psicogeografia, di cinesi, di chiese torri lazzaretti peste guerre bar alberi centenari ‘ndrangheta. Da quando poi le Passeggiate si tengono anche a Roma e Como, gli argomenti sono aumentati a dismisura. No, in tre anni non abbiamo mai mangiato pop-corn. Meglio pranzare dopo, a cose fatte, e seduti.

 Paolo Melissi* è napoletano doc, ma vive e lavoro a Milano. Fra le tante cose di cui si occupa, è anche Direttore di http://www.satisfiction.me/ versione on line della nota rivista fondata da G.P. Serino. Ha lavorato alle pagine culturali de il Mattino, Avvenimenti, Diario, Linea D’ombra, Pickwick, Bookshop, Corriere.it. È tra i fondatori dell’associazione Pluriversi con cui ha lanciato a Milano le “Passeggiate d’Autore”. Il suo ultimo libro è “Metro Milano” (Historica editore 2010). Per saperne di più sulle passeggiate: http://passeggiatedautore.blogspot.it/

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

5 domande a Margi de Filpo

Liza di Margi de Filpo (Epika Editore)
Liza di Margi de Filpo (Epika Editore)

“ Berlino è il mio paese inventato, una città fatta di uomini travestiti da conigli che regalano uova dipinte…” (Margi de Filpo*)

Scrivi e leggi tantissimo. Collabori, fra le altre attività, con Ivan Arillotta per la “manutenzione creativa” del blog letterario “unonove”. In fondo è tutto volontariato letterario: perché lo fai?

Unonove è nato come una scommessa fra me e Ivan, scommessa che fortunatamente ho perso io. Quando un autore ti chiama in piena notte, o il giorno di Natale, perché ha bisogno che tu legga qualcosa che ha inviato, riconosci il tuo stesso bisogno. I brindisi via Skype perché abbiamo avuto mille lettori unici in ventiquattro ore, sono momenti di condivisione sincera e impagabile: è esaltante. Esaltante quanto sapere che un “tuo” autore ha firmato un contratto di pubblicazione. Leggere è una passione che fa trascinare valigie spesso troppo pesanti, scrivere un bisogno che necessita di condivisione per essere soddisfatto. Non è volontariato, è fuga dalla solitudine.   

Sei cresciuta a Berlino, se non ricordo male. Io ci ho vissuto per un periodo. Città multiforme e molto attraente per chi scrive e legge. Potresti consigliarci almeno due libri recenti e interessanti ambientati in questa città tanto affascinante?

No, non potrei. Perché mi vengono in mente solo classici e sarebbe superfluo parlarne. Non sono cresciuta a Berlino, però. Nel sentirmi apolide che ti dicevo, concorrono vicende più complesse. Ho trascorso periodi lunghi della mia infanzia a Berlino perché mio padre lavorava lì. Ma ho cambiato spesso città, anche in Germania, tornando nel mio paese fra un trasloco e l’altro. Berlino è il mio paese inventato, una città fatta di uomini travestiti da conigli che regalano uova dipinte, e scuole occupate, con gli altoparlanti alle finestre. È la musica che ascoltava mio padre, il primo computer che ho visto, e le nostre valigie sempre pronte. Ma sono solo ricordi confusi di una bambina che oggi si sente romana e lucana.

Da cosa trai spunti per le tue storie?

Da ciò che vedo, sento e leggo. Spesso da un dettaglio, come è stato nel caso di “Liza”: i fogli piegati a metà descritti nell’incipit del romanzo erano, nella realtà, le lettere private di uno dei miei scrittori preferiti, che ho avuto l’onore di leggere una notte in un appartamento a Testaccio. Cosa c’entra la storia che ho raccontato? Nulla. Ma parte da lì, l’emozione di un momento che si “srotola” in una trama. Credo che scrivere renda più sensibili e attenti ai particolari, non il contrario. Chi scrive finge, eppure è onesto.  Spesso lo spunto è autobiografico, e non sempre il risultato è soddisfacente, nella stesura finale di me rimane poco, se non nulla. Quando riesco a sparire, il racconto funziona.

Ci sono storie da non scrivere mai secondo te?

Sì, storie che banalizzano argomenti delicati. Non tutti possono scrivere di tutto, in alcune situazioni l’intelligenza ci pone l’obbligo di astenerci. Poi, leggere romanzi scritti da giornalisti, da politici, da personaggi dello spettacolo, per me è spesso- non sempre, ma spesso – un’esperienza intimamente straziante. Alla fine il discorso è sempre lo stesso: se non hai nulla da dire a riguardo, taci.

Se la tua scrittura fosse un animale dotato di superpoteri, che animale sarebbe?

Mario, te lo ricordi Grisù, l’ultimo discendente dei Draconis, che odia la sua natura di draghetto perché quando si emoziona incenerisce tutto? Ecco: Grisù.

Margi de Filpo* è una scrittrice e vive a Roma, dove lavora in una agenzia di comunicazione. Collabora con la redazione di Leggere:Tutti. Ha scritto e scrive per diverse riviste letterarie molto attive in rete. Assieme a Ivan Arillotta coordina il blog di storie “unonove”.  Ha una vivace pagina fb su cui scrive status ironici e intelligenti, descrivendo quanto le accade ogni giorno. Il suo ultimo libro, appena uscito in libreria, è: Liza (Epika Edizioni). Per leggere alcune sue storie: http://www.unonove.org 

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

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