“Ho paura di rimetterci il setto nasale in questi incontri dilettantistici. Ho un naso perfetto. Sono una ragazza con il naso perfetto…”
Sudore. Le gocce di sudore mi scendono copiosamente giù per il viso. Le sento addensarsi abbondanti alla base del collo. Scivolare nell’incavo dei seni. Percorrere tutta la linea della schiena, deformarsi sulle rotondità dei muscoli per poi venire assorbite dall’orlo della stoffa che ricopre l’elastico che mi tiene su i pantaloncini della Leone. Ancora mi stupisco di come riesca a sudare così tanto quando sono su un ring. Per fortuna il trillo che annuncia la fine della ripresa è arrivato al momento giusto, pochi altri secondi in più e sarei finita a tappeto di sicuro. Carlo mi guarda in cagnesco, ma tanto lo so il perchè. Faccio sempre gli stessi errori. Non riesco a rimanere in linea. Saltello troppo sulle punte. E il mio gancio destro è ‘na ciavattata. Lenta, sono troppo lenta.
Mi siedo sullo sgabello all’angolo. Mi tolgono il paradenti nero, mi fanno bere un sorso di acqua e sali minerali.
“Quante, quante dannate volte t’ho detto de sta’ in linea? Eh? Quante vorte?”
Carlo mi guarda negli occhi roteando con forza un asciugamano davanti alla mia faccia. Mi parla con un tono di voce tanto incazzato quanto preoccupato.
“Sai che ti dico? So’ contento che stai a pijà tutti sti’ cazzotti! Ma perchè non mi ascolti? Ma che ho fatto di male io pe’ meritamme tutto questo?”
Vorrei chiedergli scusa, gli vorrei dire che ho paura. Ho paura che mi spacchi il naso. Ho paura di rimetterci il setto nasale in questi incontri dilettantistici. Ho un naso perfetto. Sono una ragazza con il naso perfetto. Non riesco a dirgli nulla però. Non riesco a parlare, mi viene da vomitare. Spesso mi viene da vomitare per colpa della stanchezza, dello sforzo fisico. Stavolta credo sia anche colpa del diretto destro che mi è arrivato direttamente sulla bocca dello stomaco. Per una frazione di secondo mi è mancata l’aria. Sono entrata in debito di ossigeno. Ho strabuzzato gli occhi e poco dopo è scoppiato il dolore. Una volta ripreso a respirare i miei nocicettori hanno fatto il loro dovere e l’adrenalina mi ha permesso di reagire al colpo.
“Adesso concentrati. Concentrati su chi ti sta davanti. Studiala! Hai capito i suoi punti deboli no? Che aspetti? Te devi…”
Non lo sento più. Non capisce che sono già cotta. Siamo alla seconda ripresa e già non ce la faccio più. I tre minuti più lunghi della mia vita in assoluto. Il concetto di tempo perde definizione, perde consistenza. Sono così in affanno che ad ogni respiro il petto mi si allarga a dismisura. Sento un formicolio proprio sotto l’occhio sinistro, lo so che i lividi stanno incominciando a gonfiarsi. Stasera, dopo la doccia, rimarrò come al solito mezz’ora davanti allo specchio dello spogliatoio a guardarmi il viso. Come al solito mi guarderò con i capelli ancora bagnati e non mi riconoscerò.
Il trillo del contaminuti. Terza ripresa.
Giriamo in tondo e ci guardiamo negli occhi. Non avrà trent’anni, proprio come me. Poco più alta di me, questa cosa mi porta a dover giocare con la mia bassa statura cercando di entrarle il più possibile vicina al busto. Altrimenti lei potrebbe sfruttare la distanza avendo le braccia più lunghe. Bionda, capelli non troppo lunghi, li ha legati in una treccia imperfetta. Una bella ragazza, in situazioni normali. Sembra affaticata anche lei. Mi viene da sorridere pensando che molto probabilmente sul peso abbiamo barato tutte e due.
Ho tutti i muscoli del corpo in tensione. Sento pulsare i quadricipiti, tirare gli addominali, scoppiettare il gran dorsale, affilare le unghie i bicipiti. Le pupille passano da uno stato di fissità ad uno di estrema velocità, a seconda dei movimenti della mia avversaria. La guardo attraverso i guantoni, assaporando il gusto salato del sudore che mi finisce in bocca. Mi aiuta fantasticare che anche lei abbia paura di me. Mi sento carica, è ora di attaccare.
Mi avvicino rapidamente, sferro un sinistro e poi ancora un diretto sinistro. I pugni diretti confondono l’avversario, gli danno fastidio, così mi ha sempre detto Carlo. Mi sposto velocemente sulla destra facendo perno sul piede. Ed è a questo punto che, abbassandomi, affondo il destro all’altezza dello stomaco. Stessa moneta, ti ripago con la stessa moneta. Ritorno subito in guardia. Ha accusato i colpi, è leggermente ripiegata in avanti. Notevolmente sbilanciata. Decido di approfittarne, mi preparo. Non appena mostro l’intenzione di attaccare ancora vengo vistosamente fermata dall’arbitro. Non mi sono accorta che le esce sangue da un sopracciglio. Devo averle procurato un taglio con il secondo diretto sinistro. Devono sospendere l’incontro. La ragazza bionda protesta, interviene anche il suo allenatore, ma non c’è niente da fare. L’incontro è finito. Questo vuol dire che ho vinto.
Mi giro verso il mio angolo di ring. Nascosto dalle corde tese, Carlo batte le mani. E ride.
Adoro il pugilato.
Rido anche io, mentre mi metto addosso l’accappatoio e mi avvio verso gli spogliatoi.
“Terza ripresa”.Un racconto di Ilaria Scarpiello* pubblicato per gentile concessione dell’autrice.
Ilaria Scarpiello*. Psicologa, è nata a Foggia nel 1981, ma vive a Roma. Entrata nel 2000 nella cinquina del Campiello Giovani, ha esordito con questo notevole libro:
http://www.ibs.it/code/9788865964019/scarpiello-ilaria/figlia-femmina-di-adamo.html
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