Ci sono cose che non appaiono. Credo, perché potrei dimostrarvelo su una di quelle lavagne scolastiche abbastanza grandi da contenere qualche metro di formule algebriche, che esistono cose e immagini del quotidiano vivere che non appaiono agli occhi dell’individuo contemporaneo comune. Alcune volte le immagini*, (*quanto ci accade, ovvero i fatti allo stato puro) della vita quotidiana entrano nella letteratura come “filtrati” attraverso una lente. Facendo uno sforzo di comprensione potremmo chiamare linguaggio narrativo quella “lente” e “mondo esterno” i fattori ambientali che convergono sotto la lente.
Ci pensavo stamattina, quando dopo aver comprato una scatola di cerotti per medicare la pelle (quelli per curare l’anima non li hanno ancora brevettati, sic!) mi sono messo a pensare alla realtà quotidiana prepotente che ci avvolge e sconvolge ogni giorno. I fatti concreti della vita di costruiscono e decostruiscono in ogni istante. E noi, attori della vita, quando siamo fortunati possiamo fotografare quanto viviamo e provare – se siamo bravi – a raccontarlo agli altri.
Esistono tante vite a questo mondo. Niente di più vero. Però esistono ancora più storie che provano, a volte riuscendoci altre volte fallendo, quella che chiamiamo vita reale. Non ho una cassetta degli attrezzi dotata di strumenti magici, e non sono un bravo meccanico capace di mettere a punto certe faccende complesse che ci travolgono in questa esistenza.
Per quanto mi riguarda, a 34 anni, faccio sempre più fatica a raccontare il mio vissuto. Perché in fondo, a dirla tutta, a molti le storie tristi non piacciono. Tanti sono quelli che cercano storie di successo o dal lieto fine perfetto come la forma di una merendina idrogenata.
Sono un diabetico della vita. I dolci (finali) fatti di successo mi fanno male.
Uno di voi mi ha scritto. Chiedeva le istruzioni per l’uso della vita. Non voleva sapere dove cercare il libro di Perec, ma capire come comportarsi in un momento difficile della sua vita.
Non ho saputo dargli una ricetta. Ho provato solo a dirgli “se vuoi davvero provare a resistere al caos di questa vita, cerca qualcosa in cui cimentarti”. Intendendo qualcosa di magnifico, potente ed esclusivo.
Ecco, detto questo spero di non ritrovarmi mai più a dover dispensare consigli. Né su questo blog, né di persona.
Io, i miei demoni interiori, un po’ li conosco. Per questa ragione non gioco mai a scacchi con loro: quando lo faccio, cosa rara, tendono a fottermi sempre. Barando in maniera triste, quasi grottesca.
E tutti i libri che leggiamo, servono a qualcosa in questa vita?- ha poi domandato l’amico che mi ha scritto.
Certo. Servono. A non morire sotto un temporale di arachidi unte che abitano, spesso, i meandri della nostra mente.
Pensando a Carmelo Bene, mi viene da dire – tenendo gli occhi che mirano in basso e con la faccia rossa per la vergogna- quanto segue: se è vero che il linguaggio ci “trapassa” e non ce ne accorgiamo, i fatti della vita reale con la stessa forza s’insinua dentro di noi privandoci di ogni forza. Con moti, e momenti, diversi in ogni occasione.
Per questa ragione, certi giorni, cerco una panchina isolata e mi siedo a piangere da solo. Ora credo di aver scritto e detto molto, troppo. Perdonatemi se vi ho rubato tempo. In momenti come questo, citando il James economista, mi lascio travolgere da quello che lui chiamava “il senso pungente della realtà”. E poi, a essere sinceri per davvero, per ritrovarlo quel senso mi metto a scrivere in maniera disordinata. Appunti sporchi, come questi che avete letto fin qui.
Ci sono cose che non appaiono

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