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Intervista speciale all’attore napoletano Costantino Raimondi

 

 

1)Oggi sei un Attore e un drammaturgo riconosciuto: quando e come si è accesa in te la prima scintilla artistica?

Non so se sono conosciuto, riconosciuto o disconosciuto. La prima scintilla artistica si è accesa nel 1987 al liceo scientifico Mercalli frequentando dopo l’orario scolastico le lezioni di teatro con il mio professore di italiano e latino Umberto Serra, studiando testi di Eugene Ionesco ed Enzo Moscato.

2) Tutto questo caos da covid ha purtroppo allontanato molti fruitori culturali dal teatro. Cosa proponi per riportare il teatro – inteso come momento di forte condivisione- tra la gente e considerata la tua formazione internazionale. E a proposito di condivisione: ti andrebbe di spiegarci cosa accomuna il fare teatro in Italia al fare teatro oltre i confini della nostra penisola?

In Italia esiste ancora la differenza tra il teatro di prosa, contemporaneo, danza, cabaret, sperimentale, opera, musica, clown e le donne non hanno condizioni paritarie come noi uomini. E’ grave, non compatta il nostro reparto e tutto diventa autoreferenziale. Ho vissuto 20 anni in Francia, ho percepito l’intermittence e la possibilità di girare con i miei spettacoli all’estero, ho ascoltato tanti “linguaggi”, ma uno ho trovato efficace quello di aver fatto valere i miei, i nostri, i vostri, i loro diritti per una vita dignitosa. Mai come questa volta, dobbiamo porci il problema della contemporaneità del nostro lavoro, della nostra vita e del pubblico, al quale abbiamo posto le giuste domande? E’ una prova dura, ma solo rimettendoci in discussione e condividendo senza pregiudizi gli uni sugli altri, possiamo e dobbiamo farcela, per ottenere i diritti e i doveri che ci spettano, senza differenza e indifferenza di categoria e le soluzioni arrivano. Dobbiamo scoprirci e scoprire gli “altri” con curiosità e serenità, fidandoci e affidandoci. Nei prossimi anni si svilupperà lo streaming e l’on line teatrale, come nella danza esiste la video danza ci sarà il video teatro. In futuro il digitale avrà un’importanza fondamentale, sarà la vera innovazione di condivisione, ma il vero teatro è dal vivo.

3)Cosa sogna, nel mondo onirico intendo, un attore come te… ti andrebbe di raccontarci di un tuo sogno (o incubo) ricorrente?

Sogno un edificio, un posto, un luogo dove poter condividere con altre persone il teatro, il cinema, l’insegnamento e la vita quotidiana ed è circondato dall’acqua. La mia vita è un acquario, panta rei.

4) Come autore di storie, nonché come attore, a cosa stai lavorando in questo periodo di quarantena forzata?

Per ora sono concentrato sugli ultimi lavori che ho messa in scena al Napoli Teatro Festival Italia 2019 direzione artistica Ruggero Cappuccio e al Nuovo Teatro Sanità direzione artistica Mario Gelardi, sono tre testi di Samuel Beckett: primo amore con Sergio Longobardi, atto senza parole 1 con Costantino Raimondi e atto senza parole 2 con Sergio Longobardi e Costantino Raimondi. Vedremo cosa accadrà, penso giorno per giorno senza progettare e chiedendomi il giusto.
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio” Samuel Beckett

Lavori teatrali contemporanei:

Primo Amore, Atto senza parole 1 e 2 di Samuel Beckett, abbiamo partecipato al Napoli Teatro Festival Italia 2019 e siamo stati al Nuovo Teatro Sanità di Napoli nel novembre del 2019 e nel 2018 con la mia compagnia sempre al Nuovo Teatro Sanità nell’aprile 2019 con Prove-rewind vincitore nel 2008 del Premio Girulà per la drammaturgia e con Monologue avec Valise vincitore del Premio Physical Theater per il miglior spettacolo a Skopie nel 2009 (Macedonia) e Premio per il miglior spettacolo Internazionale a Cordoba 2015 (Argentina),Premio per il miglior attore Guerassim Dichliev al Festival United Solo a New York City 2017(Stati Uniti d’America) presidente della giuria Micheal Moore.

Percorso biografico e artistico:

Nato a Napoli (1971). Cofondatore del Collettivo Teatro Bardefé, un laboratorio teatrale diretto da Umberto Serra. Un viaggio iniziato a Napoli negli anni Novanta, nei locali di via Bonito, all’epoca cuore del fermento artistico partenopeo, e fucina di numerosi artisti emergenti tra cui: Luciano Saltarelli, Monica Nappo Kelly, Carla Ferraro, Antonio Pizzicato, Emanuele Valenti, Silvia Albarella, Fabrizio Comparone e lo stesso Costantino Raimondi, che avvalendosi della collaborazione di professionisti del settore, quali Enzo Moscato, Tata Barbalato, Cosimo Cinieri ed altri realizzavano le prime messe in scena di autori importanti quali Beckett, Garcia Lorca, Camus, Pinget, Karen Blixen.

1993-1996
Diplomato all’ “Ecole Internationale de Mimodrame Marcel Marceau” a Parigi con il maestro Marcel Marceau. Nel corso del triennio studia anche con Gérard Lebreton – Pantomima, Elena Serra ed Emmanuel Vacca – Tecnica Marcel Marceau e Laboratorio di Creazione, Corinne Soum e Ivan Baciocchi – Tecnica Etienne Decroux, Yves Casati – Danza Classica, Annette Mattox – Danza Jazz, Gaston Vacchia e Jean Paul Denizon – Arte Drammatica, Fabio Mangolini – Commedia dell’Arte, Dany e Franc Foucrier – Acrobazia, Serge Plasterie – Scherma e Scherma Teatrale.

1997-2016
Raimondi esordisce alla regia con “Les Couleurs du Voyage” vincitore del Premio per il miglior spettacolo nel 1996 al Festival Internazionale di Pantomima e Monodramma di Zemun (Serbia). “Le Carnaval de Giovanni” nel 1997, è il secondo importante lavoro di Raimondi regista, seguito da “Aquarium Ardent”, del 2006, in cui si confronta con la drammaturgia di Enzo Moscato, e Arthur Rimbaud, affidando il ruolo di protagonista al corpo e alla voce di Guerassim Dichliev, risultando un ulteriore importante momento di approfondimento e di studio scenico. Le ultime sue produzioni sono “Prove(rewind)” vincitore del Premio Girulà per la migliore drammaturgia nel 2008 a Napoli (Italia) e “Monologue avec valise” vincitore del Premio Physical Theater per il miglior spettacolo a Skopie nel 2009 (Macedonia) e Premio per il miglior spettacolo Internazionale a Cordoba 2015 (Argentina), presentato in Italia al Fringe Festival di Napoli nel 2010, entrambi gli spettacoli affrontano il tema dell’immigrazione e dell’erranza. Fondatore e direttore artistico della compagnia Salto Théâtre 1996-2006, ha collaborato in qualità di attore con la Nuovelle Compagnie Marcel Marceau per lo spettacolo “Le Chapeau Melon” 1997-2000 regia Marcel Marceau e la Compagnia Lackaal Duckric per “Ego Center” regia Françoise Bouvard 2006-2008. Al cinema è stato interprete per la regia di Laurent Abecassis, Mathias Ledoux, Noémie Lvosky e Jacques Rivette.

PEDAGOGIA
Costantino Raimondi dirige dal 1996 laboratori in Francia, Italia, Bulgaria. Svolge anche attività di coaching e drammaturgia corporea. “Utilizzando il corpo – lingua, si ha la possibilità di esplorare linguaggi universali, attraverso le tecniche di Etienne Decroux, Marcel Marceau e la scrittura di scena di Antonin Artaud. Lavoro basato sull’ascolto, elemento fondamentale per la nascita di un ‘Laboratorio’ dove attraverso il risveglio corporeo, il lavoro della voce e l’improvvisazione si creano forme poetiche.
‘Rendere visibile l’invisibile’ (Marcel Marceau) è agire socialmente, affinché i linguaggi meta – teatrali possano dare ai corsisti la possibilità di esprimere universi emozionali elaborati anche dal quotidiano. Laboratorio sul corpo, mezzo per esprimere se stessi, attraverso il gioco, la danza, il mimo, per conoscere il clown che ci abita.”

Per saperne di più sui laboratori dell’attore Costantino Raimondi:

http://www.costantinoraimondi.com/

5 domande a Sergio D’Ottone* giornalista e console Touring Club Italiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1)Tra scrittura e libri sei approdato, giovanissimo, al giornalismo. Come hai scoperto la tua passione per i libri e la scrittura?
Effettivamente la mia passione per la scrittura e per il giornalismo è iniziata molto presto, quando a Napoli, nella storica Via San Sebastiano, collaboravo come redattore ai giornalini ciclostilati sia del Liceo Classico “Vittorio Emanuele” sia della “ Congregazione Mariana” dei Gesuiti, dove tra l’altro c’era una biblioteca fornita di testi molti interessanti. I miei studi umanistici, prima al liceo e poi all’università, sono stati ovviamente alla base di una passione congiunta per scrittura, giornalismo e lettura, sia di libri che di giornali. Il mio impegno giornalistico divenne più concreto da universitario con una collaborazione costante al settimanale Nuova Stagione, organo dell’Arcidiocesi di Napoli, che ancora oggi viene regolarmente pubblicato. Tra i miei articoli più significativi l’intervista ad un giovane Giulio Tarro, all’epoca stretto collaboratore dello scienziato americano Albert Sabin.

2)Hai scritto, nel tempo, anche in qualità di copywriter: ci parleresti di questa tua esperienza?
Dal 1983 al 1985 fui incaricato dall’istituto di credito per cui lavoravo di occuparmi di comunicazione aziendale in un’area interregionale che comprendeva Campania, Molise e Calabria. Il mio lavoro mi dava la possibilità, in un’ottica di marketing bancario, di interloquire con le funzioni interne e quindi con i colleghi, ma nel contempo con rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni imprenditoriali e culturali, dei giornali e delle emittenti radio-televisive. Un’esperienza bella e significativa, che mi ha formato molto, non solo nella mia vita professionale ma anche nelle pubbliche relazioni.

3)In un tuo reperto cartaceo conservi una lettera che ti scrisse Pier Paolo Pasolini: cosa ricordi di quello scambio così speciale?
Nei miei primi due anni universitari presso la Facoltà di Lettere alla Federico II di Napoli ( anche se all’epoca non si chiamava così ), ebbi la possibilità di preparare gli esami di Letteratura Italiana attraverso la partecipazione a seminari di studi dedicati a specifiche tematiche. Partecipai, pertanto, ai gruppi di lavoro coordinati dal compianto Prof. Giorgio Fulco, che approfondivano le opere di Pier Paolo Pasolini, all’epoca ancora vivente. Due anni molto intensi dedicati allo studio della vasta produzione del noto e discusso intellettuale. Ebbi la necessità di consultare alcuni testi introvabili di Pasolini, per cui non esitai a scrivergli e a farne richiesta direttamente a lui . Mi rispose con una lettera molto gentile, che conservo appunto tra i miei “ reperti cartacei ”, in cui, confidandomi di non essere in possesso di tutti i suoi libri, mi preannunciava comunque l’invio di qualche libro da me richiesto. Purtroppo non mi arrivò mai niente.

4) Cosa consiglieresti a un giovane aspirante giornalista oggi?
Innanzi tutto bisogna chiedersi chi è il giornalista oggi nel 2020. Negli ultimi anni, con l’avvento dei social, siamo diventati tutti “ giornalisti”, con tanta voglia di comunicare, di commentare o forse, semplicemente, di esternare il nostro pensiero. Forse la figura del giornalista tipico, con una caratterizzazione circoscritta e definita, non esiste più.
Tuttavia, a mio avviso, alcune “ regole non scritte” dovrebbero sempre essere alla base di un serio percorso giornalistico: preparazione culturale, acquisizione rigorosa di documenti, veridicità dei fatti da trattare, informazione corretta e non faziosa. Ma soprattutto consapevolezza che non si fa giornalismo per se stessi ma per gli altri.

5)Ti andrebbe di consigliarci tre libri che sono stati fondamentali nella tua esperienza formativa?
Generalmente non amo consigliare agli altri i libri da leggere, perché credo che l’approccio al testo da leggere sia qualcosa di personale, che vada sperimentato, sedimentato e metabolizzato in base alle proprie esigenze. Mi fa piacere, invece, sottolineare che il mio avvicinamento al mondo dei libri, parallelamente a quelli scolastici , è avvenuto negli anni del liceo con 3 “Oscar Mondadori”, in edizione economica da 350 lire cadauno, comprati usati, che ancora oggi conservo gelosamente : “ Fiesta “ di Hemingway, “ La giungla di asfalto ” di Burnett e “ Diario di un curato di campagna ” di Bernanos.
Costituirono il mio primo investimento in libri e furono i primi esemplari di una biblioteca, che continua ad espandersi e che forse oggi avrebbe bisogno di essere opportunamente catalogata, unitamente ad un’ampia e storica raccolta di giornali e riviste.

*Sergio D’Ottone è nato a Napoli nel 1952 e vive ad Aversa dal 1981. Laureatosi nel 1974, con il massimo dei voti, in Lettere Classiche presso la Federico II di Napoli, discutendo una tesi sperimentale in Filologia Dantesca, è abilitato all’insegnamento di materie letterarie. Dal 1973 al 2010 ha prestato servizio in un importante istituto di credito, ricoprendo incarichi di responsabilità in molti settori ed in molte località della Campania, mentre dal 2016 è rappresentante regionale dei dipendenti in quiescenza. Dal 1975 è iscritto come pubblicista all’Ordine dei Giornalisti, collaborando a diverse testate cartacee con articoli di economia, di politica, di letteratura, di arte, di turismo, ma anche ad emittenti radio-televisive locali. É autore di pamphlet, di saggi e di poesie. Dal 2000 è Console per Aversa del Touring Club Italiano, di cui è stato per molti anni Coordinatore per la Campania dei consoli aziendali. Sempre nel settore turistico dal 1983 al 2007 è stato ininterrottamente Consigliere della Pro Loco di Aversa, mentre dal 2011 è Presidente dell’Associazione Aversaturismo di cui è stato fondatore. Il 1° maggio del 2013 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di Maestro del Lavoro.

5 domande allo sceneggiatore Gaetano Ippolito*

1)Quando hai capito che l’idea del soggetto cinematografico “Ciruzziello” poteva diventare un progetto cinematografico concreto?

Quando il regista, Ciro D’Aniello mi ha parlato dell’idea del cortometraggio basata su un personaggio ispirato alla nonna, una donna molto anziana, ma ancora autonoma, e tanto legata alla tradizione religiosa e alla fede cristiana, sono rimasto subito affascinato. L’idea di lavorare su un personaggio femminile e molto avanti con l’età era decisamente motivante. Inoltre nell’idea era presente anche il personaggio di un figlio disabile: questo era ancora più interessante, perché tale situazione ci dava l’opportunità di mettere in crisi la fede religiosa della protagonista. Abbiamo lavorato sulla struttura per portare il personaggio lentamente al momento di rottura con la fede religiosa, per fare in modo che trovasse soluzioni diverse alla problematica del figlio.

2) Come procede la diffusione del cortometraggio “Ciruzziello” selezionato da Rai Cinema?

La distribuzione procede bene, perché il regista, Ciro D’Aniello, è stato davvero bravo, si è occupato lui di questo aspetto in prima persona. Il cortometraggio ha partecipato a tantissimi festival sia nazionali che internazionali, e soprattutto è andato in onda sulla piattaforma di Rai Cinema, con nostra grande soddisfazione. Siamo davvero contenti per la visibilità che ha ottenuto “Ciruziello”. Speriamo che possa ancora girare in altri circuiti indipendenti.

3) Da dove trai spunto per i soggetti cinematografici e narrativi che rielabori con il tuo stile?

Credo che la realtà sia una grande fonte di ispirazione, che a volte supera qualsiasi immaginazione: basta pensare alla situazione attuale che stiamo vivendo a causa del Covid – 19; un periodo assolutamente surreale, direi quasi kafkiano, degno del miglior Saramago (Cecità). I fatti che accadono continuamente nel mondo reale sono una fonte inesauribile per realizzare soggetti cinematografici. È chiaro che il punto di partenza, a mio avviso, è sempre e comunque il personaggio. Per avere una grande storia è necessario un grande personaggio; Shakespeare insegna, basta ricordarsi di Amleto, Otello, Riccardo III, Giulio Cesare, solo per citare qualche titolo, e se vogliamo andare indietro nel tempo, pensiamo all’Ulisse di Omero, oppure ai grandi personaggi biblici. È il personaggio che muove la storia, quindi trovare una buona storia, in definitiva significa cercare un grande personaggio, perché credo che “l’empatia” sia un elemento importantissimo, anche se il mondo delle storie è pieno di personaggi non empatici.

4) Nel caso di lavori filmici, come nasce la sintonia lavorativa con il regista?

Secondo me, l’approccio deve essere quello di mettersi a disposizione della storia, del progetto e del regista. A mio avviso lo sceneggiatore si trova in una posizione favorevole nella scrittura della storia, in quanto è un soggetto esterno, non è coinvolto emotivamente nell’idea, quindi può lavorare tenendo conto solo ed esclusivamente degli elementi narrativi che funzionano. L’arma principale dello sceneggiatore che collabora all’idea di un regista sono le forbici con cui tagliare tutto il superfluo e quello che non funziona. Spesso i registi si affezionano alle proprie idee, alle scene, ai personaggi, instaurano un rapporto affettivo, quindi la presenza dello sceneggiatore è fondamentale.

5) Con quale regista italiano o straniero ti piacerebbe lavorare in futuro?

Se penso al cinema italiano di oggi, stimo tantissimo Claudio Cupellini, di cui ho molto apprezzato “Una vita tranquilla” e “Alaska”, due film davvero riuscitissimi e interessanti sotto il profilo della costruzione dei personaggi e della struttura della storia. Ma Claudio Cupellini lavora già con uno sceneggiatore bravissimo, il capuano Filippo Gravino. Per quanto riguarda i registi stranieri, trovo interessante, sia dal punto di vista stilistico che dal punto di vista della gestione dei tempi narrativi, il danese Nicolas Winding Refn, di cui mi è piaciuto tantissimo “Drive”: straordinari i silenzi del personaggio e la sua evoluzione.
Inoltre, ammiro il newyorkese Darren Aronofsky, soprattutto per come ha lavorato in “The Wrestler”: stupendo il personaggio interpretato da Mickey Rourke. Lo stile documentaristico del film è davvero funzionale al racconto, così come le scelte di fotografia.
Infine, devo necessariamente citare Alejandro González Iñárritu, che grazie alla collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga, ha dato vita alla stupenda trilogia della morte: “Amores perros”, “21 grammi” e “Babel”.

6) C’è un classico della narrativa che ti piacerebbe adattare in forma di sceneggiatura e seguirlo come progetto?

Secondo me è complicato adattare per il cinema un classico della letteratura, perché un grande romanzo si fonda sul conflitto interiore del personaggio, mette in scena pensieri, emozioni, stati d’animo, mentre il linguaggio cinematografico predilige i conflitti esteriori e gli spazi aperti. Infatti Alfred Hitchcock, che la sapeva lunga in tema di cinema, ha realizzato tutti i suoi film con adattamenti di romanzi, cosiddetti di serie B, con tanta azione e limitato flusso di coscienza, insomma, poco letterari. Un libro che mi piacerebbe adattare per il cinema è “La crepa” di Claudia Piñeiro, una scrittrice argentina che ha ambientato la storia a Buenos Aires.

7) Quali sono gli autori di storie che consideri Maestri per la tua formazione?

Fëdor Michajlovič Dostoevskij è stato il mio primo amore, ho letto “Delitto e castigo” tre volte, un capolavoro. Mi sono appassionato alla scrittura leggendo lo scrittore russo. Un altro autore che mi ha affascinato per l’originalità dei suoi racconti è Franz Kafka, geniali “Il processo” e “La metamorfosi”.
Ho letto molti romanzi di Jose Saramago, lo scrittore portoghese ci ha regalato storie davvero particolari, oggi è attualissimo il profetico “Cecità”.

8) Puoi dirci qualcosa dei tuoi lavori futuri?

Leggendo “Il vangelo secondo Gesù Cristo” e “Caino”, di Saramago, ho sempre avuto in mente di scrivere una storia di ispirazione biblica. Mi affascinava il personaggio dell’adultera del vangelo, perché mi chiedevo come fosse cambiata la sua vita una volta che Gesù l’avesse salvata dalla lapidazione. Cosa ha fatto l’adultera dopo la salvezza? Come ha deciso di vivere? Ha cambiato la sua vita? Ho cercato di rispondere a queste domande, così ho iniziato un breve romanzo sulla storia dell’adultera.

Gaetano Ippolito* è uno scrittore e sceneggiatore italiano. Nato a S. Felice a Cancello (CE) nel 1972, vive ad Aversa. Diplomato in regia cinematografica presso la NUCT di Roma. Ha realizzato diversi cortometraggi e documentari. Il cortometraggio “Ciruziello” (di cui è sceneggiatore) è andato in onda su Rai Cinema. Il documentario “La Domitiana” (di cui è produttore) è andato in onda su Rai3, BBC, ORF. Il documentario “Inside Africa” (di cui è regista) ha vinto il festival di Luca Zingaretti. In qualità di scrittore è autore del romanzo “Nostos”, ispirato alle storie dei detenuti coinvolti nei suoi laboratori di scrittura creativa.

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