5 domande semiserie a Gianluca Mercadante: artigiano e scrittore!

Gianluca Mercadante-scrittore e artigiano

“La vera crisi comincerà coi funerali della cultura.” (Gianluca Mercadante*)

Pare tu sia un bravo autore di storie. Eppure, stare in questo paese difficile (mantenendo lo status di scrittore) non permette di vivere solo di scrittura. Ti andrebbe di dirci come fai a scrivere e sopravvivere senza clonare te stesso?

Grazie per avermi definito un “autore di storie”, di solito non sono altrettanto tenero con me stesso. Come faccio a vivere e sopravvivere? Facendo un lavoro che mi piace, che non sarei disposto a cambiare con una carriera da scrittore, se carriera vogliamo chiamarla. Faccio il parrucchiere, da 24 anni. Sono figlio d’arte, mia mamma lo è stata prima di me – e lo è a tutt’oggi. Scrivere è un mestiere artigianale al pari del tagliare capelli, secondo me. E se è vero che tutti i mestieri si rubano con gli occhi, questo detto ben si attaglia alla scrittura, che vive innanzitutto di tanta, tanta, tanta, infinita lettura.

Anni fa, lavorando presso una libreria, sentii il titolare dire al telefono: “Secondo me, se volete vivere coi vostri libri… dovete solo puntare su autori come Mercadante. Non hai capito? Mercadante-Mercadante-Mercadante”. Io quel cognome lo annotai, perché lo avevo incontrato leggendo Pulp Libri. Scrivere recensione per anni, leggendo davvero libri validi e non, ti ha aiutato a capire come perfezionare la tua scrittura?

Mi ha aiutato a conoscere libri, e autori, che forse non avrei letto. Uno su tutti: Percival Everett. Nei prodotti di stagione che l’editoria impone alla massa (o, se preferisci, alla nicchia dei lettori), sentivo mancare una voce capace di emozionarmi. L’ho trovata in Everett, quella voce, e se non avessi recensito per lavoro un suo romanzo, “Ferito”, forse non sarei mai riuscito ad ascoltarla.

Sembra che gli sceneggiatori di film si siano messi a scrivere videogiochi. I videogiocatori non leggendo libri sono più svegli- a volte, non sempre!- di chi legge ancora storie su carta. Cosa non torna secondo te?

Sergio Bonelli, il mai abbastanza compianto Mister No del fumetto popolare, una volta mi ha detto che se un televisore, oggi, vende mille volte di più rispetto a un libro, o, appunto, a un fumetto, il gioco è presto fatto. Credo sia inutile aggiungere altro. Viviamo in questo mondo qui.

Un autore di prosa a te molto caro è…? Uno a cui pensi quando, forse, hai bisogno di leggere prosa per provare a capire meglio il mondo.

Pier Paolo Pasolini. I suoi “Scritti corsari” vanno messi accanto alla Bibbia e sfogliati appena un politico apre bocca per promettere alla gente che ancora lo vota l’ennesimo quanto inverosimile miglioramento della situazione.

Il lavoro editoriale (in Italia) rende la vita agra. Eppure, mi auguro di cuore che tu possa tornare a scrivere su Pulp Libri… o in alternativa su qualche altra rivista cartacea che recensisca – per davvero- sempre e solo libri interessanti. Ti andrebbe di pronunciarti come tuttologo-veggente ( giusto per non prendere tutto troppo sul serio… passione per i libri compresa!) e dirmi se credi in un ritorno delle riviste cartacee letterarie di un tempo?

Purtroppo la risposta è no. Mi duole ammetterlo, ma i tempi sono cambiati e il ricambio generazionale nel pubblico dei lettori è troppo fievole per garantire ad una testata le vendite necessarie ad auto-sostenersi. C’è internet che può sopperire alla cosa, però anche qui la faccenda si complica. Chi mi garantisce cosa, su web? Chi ha titolo per parlare di qualcosa e chi non ne ha? Dove è lecito parlare con serietà di libri e dove puoi permetterti di cazzeggiare? Ammesso e non concesso che si possa cazzeggiare su argomenti del genere. Io credo che debba preoccuparci il progressivo assottigliamento della fascia dei lettori. E vedere cosa possiamo fare per farla ricrescere. La vera crisi comincerà coi funerali della cultura.

Gianluca Mercadante * è nato nel 1976 a Vercelli. Ha pubblicato “McLoveMenu” (Stampa Alternativa 2002), “Il Banco dei Somari” (NoReply, 2005), “Nodo al Pettine – Confessioni di un parrucchiere anarchico” (Alacràn, 2006), “Polaroid” (Las Vegas, 2008), “Il giardino nel recinto di vetro” (Birichino, 2009), “Cherosene” (Las Vegas, 2010), “Io ho visto tutto” (Milanonera, 2012) e “Casinò Hormonal” (Lite Editions, 2013. Decine di suoi racconti sono apparsi in antologie, riviste e per il Giallo Mondadori. Ha scritto di critica letteraria per “Orizzonti”, “Pulp” e “Satisfiction”.
Di prossima pubblicazione, “Caro scrittore in erba” e “Noi aspettiamo fuori”.
Per regalare o regalarsi un libro di Gianluca Mercadante:
http://www.ibs.it/libri/mercadante+gianluca/libri+di+gianluca+mercadante.html

©Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

La donna che aveva visioni.

La donna che aveva visioni-Marosia Castaldi-Barbera Editore

La donna che aveva visioni…(appunti per una recensione che non so scrivere in modo diverso).

L’ultimo libro di Marosia Castaldi, La donna che aveva visioni (Barbera editore, pagg. 303, euro 16,90), è un oggetto narrativo che fin dalla copertina ricorda i più svariati oggetti magici. Ad esempio, a osservarlo bene, ho pensato (anche) a un baule di quelli usati per i viaggi verso altri mondi. Breve premessa, io sono di parte: Quando leggo i libri di Marosia Castaldi me ne sto per giorni a riflettere. Perché penso a tutte le ossessioni e le inquietudini che riguardano la vita, la famiglia e i nostri demoni interiori più nascosti.

Il libro, pubblicato dai tipi di Barbera Editore , vede Maria – la protagonista della storia- raccontare quello che lei prova per tutte le “creature” di questo e di altri mondi. All’interno del non-mondo narrativo creato dalla Castaldi troviamo non-creature comuni intese come esseri viventi e comunicanti fra loro.  Le creature di questa storia sono (anche) alimenti ed elementi della gastronomia che danno vita a scene drammaturgiche molto evocative e persuasive.  Immagini che si affidano al lettore più paziente ed esigente mostrano la loro natura “primordiale”, quasi come se nate da pagine che appaiono come scolpite attraverso la manipolazione della pietra viva che ha luogo nelle mani di un artigiano. Una delle immagini più suggestive e potenti che c’è nel libro è quella della gatta chiamata Amelie. Un animale magico che pur avendo (all’inizio) sembianze comuni, diventa -via via che la narrazione prende vita- anche altro. Fino ad assumere un aspetto mutante frutto di una dimensione letteraria che attinge a ritratti antropomorfici-universali-animali-immondi ben presenti nella formazione “artistica” dell’autrice che è inventrice di storie ma anche artista a tutto tondo. Se tutto muta, in questa storia, ciò che è ben saldo e resistente è il lavoro del “pensare storie”, caro alla Castaldi che diventa visione universale della materia e dei viventi. Il tentativo dell’autrice, consistente in un gesto narrativo estremo perché capace di abbandonare ogni criterio stilistico per entrare nell’ immaginario di ogni lettore attraverso una scrittura che sfonda ogni canone logico-narrativo e rimescolare tutte le regole legate al concetto di “genere narrativo”. Questo ha luogo, in particolare, quando il cibo è oggetto di ricordi, incontri, abbandoni e ritrovamenti.

Ogni pasto immaginato, condiviso, rifiutato o consumato con voracità dai personaggi che popolano il libro apre squarci narrativi in cui i fantasmi personali della protagonista (e voce narrante) Maria ben raccontano il (suo) mondo e le (sue) perdite.  Uno sguardo così profondo e lacerante che va oltre il normale vivere quotidiano, senza mai cercare senso di pietà o suggestioni commoventi dirette verso un lieto fine cui ci ha abituato tanta narrativa italiana contemporanea.

Dio, La Morte, La Malattia, Il Sesso (inteso come pratica innaturale) sono le parole chiave di questa storia che osa sfidare i canoni narrativi per imporsi nella sua purezza linguistica. Un lettore comune potrà forse odiare (per poco) queste pagine o amarle(per sempre) ma non è questo il tipo di fine o scopo a cui punta la potenza narrativa della Castaldi. La scrittura che emerge da La donna che aveva visioni è complessa ma non complicata, appagante ma non compiacente. Un testo, a metà fra romanzo e componimento poetico, che diventa ibrido narrativo capace di meritare rispetto per il coraggio e l’abilità con cui l’autrice l’ha composto manipolando la lingua e sfidando la punteggiatura (pur sapendola usare decide, in modo voluto e deliberato, di non tenerne conto ma di raccontare la storia come una lunga narrazione orale) fino a liberarsi di ogni segno d’interpunzione. Cosa resterà della letteratura di questo tempo che pare sfuggire dalle nostre mani? Non lo so. Sicuramente, dentro di me, rimarranno le pulsioni di quest’animale cartaceo a forma di libro scritto da Marosia Castaldi. Se la foresta delle librerie italiane pullula (anche) di libri che ricordano animali artificiali morenti degni di un romanzo di fantascienza, è pur vero che esistono ancora scrittori capaci di liberare dalla propria mente creature selvatiche (irrequiete e speciali) come questo libro. Buona lettura.

Se volete comprare la donna che aveva visioni lo trovate qui:

http://www.ibs.it/code/9788878995772/castaldi-marosia/donna-che-aveva-visioni.html

Se volete saperne di più sull’autrice ecco il suo blog:

http://marosiacastaldi.wordpress.com/

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI. 

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