5 domande insolite a un giornalista campano bravo a interrogarsi sulla realtà: Intervista a Ignazio Riccio

Ignazio Riccio che presenta il libro "Solo per giustizia" del Giudice Raffaele Cantone alla libreria "Quarto Stato di Aversa". Copyright foto: Ignazio Riccio
Ignazio Riccio alla presentazione del libro “Solo per giustizia” del Magistrato Raffaele Cantone. Presso la libreria “Quarto Stato di Aversa”. Copyright foto: Ignazio Riccio

“Allora, quando si scriveva, non c’era la percezione del danno irreversibile in chi leggeva, nonostante ci sforzassimo di rendere visibile lo scempio…”(Ignazio Riccio*)

Sei un bravo giornalista e hai lavorato un po’ ovunque. Raccontando, in tanti anni, diverse storie di cronaca. Quale avvenimento, fra i tanti che hai narrato, ti è rimasto dentro?

Sono davvero tante le storie che ho raccontato e che continuo a raccontare. Forse le esperienze più forti le ho vissute con la prima emergenza rifiuti nel territorio dell’Agro aversano. Ricordo che, insieme a colleghi di testate nazionali, ci sembrava di essere in un luogo di guerra. Eppure quella tragedia, che ha cambiato per sempre l’ecosistema della Campania, si consumava in tempo di pace. Allora, quando si scriveva, non c’era la percezione del danno irreversibile in chi leggeva, nonostante ci sforzassimo di rendere visibile lo scempio. “Si tratta di esagerazioni giornalistiche”. Erano questi i commenti più benevoli…

L’evoluzione tecnologica sta facendo morire la carta stampata: lo dicono i guru dell’informazione e anche i “comuni”lettori. Tu che vieni dalla carta stampata, ma al tempo stesso ti occupi di piattaforme informative digitali, cosa ne pensi?

Penso, a malincuore, che abbiano ragione, anche se continuo a sperare di poter sfogliare tra le dita, anche in futuro, dei fogli di carta inchiostrati…

Assieme ad altri colleghi del tuo gruppo di lavoro, hai contribuito a inventare un “giornale” che può raccontare un singolo evento a poche ore dal suo compimento. Ci spiegheresti meglio cosa raccontate e come lo fate?

Con la società Micromedia abbiamo realizzato un prodotto esclusivo: l’instant magazine, il giornale in tempo reale. Si tratta di strumenti editoriali confezionati rigorosamente “in tempo reale”, cioè redatti, stampati e distribuiti al pubblico interessato (congressisti, convegnisti, partecipanti, etc.) in giornata, in occasione di importanti meeting o di manifestazioni con programma di uno o più giorni, ed hanno la caratteristica di essere realizzati (grafica, interviste, stesura articoli, titolazione, inserimenti fotografici e audiovisivi, stampa, distribuzione) direttamente presso la sede dell’evento. Un prodotto proposto anche nella nuovissima versione multimediale dove la lettura del giornale tradizionale (stampabile con grande facilità con la stampante presente sulla scrivania) racchiude in sé tutte le caratteristiche della multimedialità: cliccando su un’immagine presente all’interno del giornale si possono attivare approfondimenti video/audio con spazi “navigabili” per dare la possibilità al lettore di leggere, ascoltare, guardare e contemporaneamente “visitare”. Proprio per le sue caratteristiche tecniche il giornale in formato multimediale può essere facilmente e immediatamente inviato a una mailing-list di indirizzi di posta elettronica, condiviso sui social network, inserito sul sito aziendale e linkato ad altri siti.

Un noto quotidiano nazionale, ha raccontato diversi giorni fa, che a Napoli ci sono venditori ambulanti di partite ai videogiochi: ho visto le foto di quel servizio. Le immagini non mostravano nessun venditore ambulante. Ho chiamato due amici che vivono in quella zona di Napoli: dicono che non hanno mai sentito parlare di “venditori ambulanti che offrono intrattenimento videoludico”. La notizia, però, sta facendo il giro del web. Secondo te i giornalisti di nuova generazione scendono davvero in strada per accertare se una notizia è tale o se si tratta solo di “una cattiva interpretazione dei fatti”?

Non generalizzerei. Oggi, come ieri, ci sono giornalisti che fanno bene il loro mestiere e altri che infangano il buon nome della categoria. E questo sia sul cartaceo sia sul web.

Tanti giornalisti italiani scrivono libri, vanno in tv, tengono convegni sui temi più disparati. Dimmi la verità: tu, che non sei in missione per conto di Dio(nè di Dante  Alighieri o di altre Divinità) invece di fare tutto questo… come passi il tempo quando non lavori?

Quando non lavoro mi dedico alle cose che più mi piacciono e che, spesso, vivo in totale solitudine: leggere, guardare film e seguire la mia squadra di calcio, la Fiorentina, di cui so praticamente tutto.

Ignazio Riccio* è un giornalista campano del quotidiano “Il Mattino”. Lavora come Account Manager per la società di comunicazione Micromedia Srl. In passato è stato Direttore della rivista di inchiesta e approfondimenti della provincia di Caserta e Napoli Nord “Fresco di Stampa”. Ha contribuito, in qualità di giornalista, a testimoniare cosa è accaduto negli ultimi anni in Terra di Lavoro. Partecipando all’inchiesta curata da M. Braucci e S.Laffi  per il libro “Terre in Disordine. Racconti e immagini della Campania di oggi” (Minimum Fax 2009).

Per saperne di più sulla società Micromedia Srl: http://www.micromediasrl.com/

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

Cinque domande a Vito Faenza

L'isola dei fiori di cappero

Vito Faenza* giornalista campano, esperto d’inchieste sulla Camorra e  altri gravi fenomeni sociali italiani, parla del suo primo romanzo e della sua terra.

 

Sempre impegnato nel provare a raccontare la realtà: solo adesso un libro di narrativa. Perché non prima?

Prima ero “costretto” a scrivere tutti i giorni, a volte anche più articoli nello stesso giorno. Non sono mai stato con le mani in mano: ho scritto anche diversi saggi. Il primo, ad esempio, nel 1978 con l’ex ministro di Grazia e Giustizia Scotti, trattava di droga e diffusione degli stupefacenti. In seguito ho scritto di temi vari: fatti di camorra, storie di diritti negati, argomenti particolari del tempo come il rischio vulcanico in Campania, di economia e tanto altro: argomenti contenuti all’interno di saggi. Poi nel 1993 ho curato “Cosa Nostra Napoletana”. Quando sono andato in pensione ho messo in ordine il mio archivio e ho ritrovato quella storia che è diventata materia da cui trarre il mio primo romanzo. Ho scelto la forma del romanzo perché secondo me si comprendono fatti e problemi in maniera più immediata. In questo modo è più facile per i giovani arrivare al nocciolo della questione e delle questioni. La soddisfazione consiste nell’aver deciso di abbandonare il modo classico di scrivere un romanzo usato da altri scrittori: ho conosciuto tante persone, che non avevano mai letto un libro, essere entusiaste del mio romanzo. È la migliore ricompensa per il lavoro che ho fatto.

Conosci bene il casertano, perché ci vivi e perchè lo hai raccontato per anni. Secondo te cosa manca a chi vive in Terra di Lavoro per ricominciare a sognare un futuro, dopo quanto accaduto negli ultimi anni?

 Una classe dirigente all’altezza. Caserta, e l’agro aversano in particolare, hanno prima pagato a caro prezzo la vicinanza con la città di Napoli. In seguito, quando questa vicinanza poteva diventare un’occasione di sviluppo, c’é stata l’esplosione della malavita organizzata e poi la crescita a dismisura della corruzione e dell’inquinamento delle istituzioni. Ora, occorre puntare sulle forze sane che ci sono, lavorare sui giovani. Il futuro lo possiamo conquistare in un attimo, saltando a piè pari verso la società delle nuove tecnologie e della competenza. Sono cose che sanno tutti, ma difficili da mettere in atto.

Lo scrivo ogni giorno nel mio diario: qui nessuno gira armato fino ai denti. La mozzarella non è radioattiva. La gente buona esiste davvero. Che ne pensi?

Il primo che non gira armato sono io, non ho mai avuto un’arma e anche quando ho fatto il militare non sono stato capace di centrare un colpo sul bersaglio! Non tutti hanno una pistola e anche se ci sono persone armate e persone disarmate, non ho mai visto nessuno armato fino ai denti.La mozzarella la mangio, anche se sto attento dove la compro e cerco di fidarmi di quei produttori che conosco e che sono miei amici. C’è anche mozzarella alla diossina, ma i controlli sono tali che non mi sembra esserci un pericolo incombente. Ammettere che esiste gente buona anche qui da noi è un po’ come testimoniare la scoperta dell’acqua calda. Il problema è che quel 10-15% della popolazione non buona, finisce per “inquinare” tutto.

 Cosa ti piace della tua terra, cosa ti fa stare bene qui, e cosa diresti a chi scrive che qui non c’è futuro?

Mah! Oggi non c’è futuro per i “regali” che hanno fatto a questa terra i politici corrotti, i camorristi, i trafficanti di rifiuti e via dicendo. Per troppi anni da queste parti ha contato più l’avere che l’essere. È un atteggiamento mentale che ha reso povera questa terra. Il fatto che una parte della popolazione sia stata sempre oppressa dal bisogno, ha permesso che la parte peggiore della società avesse la meglio su tutto. Sto bene qui perché ho tanti amici, perché ci sono tante persone che fanno delle cose belle: ci sono giovani intelligenti con i quali interagire. Il futuro può essere altrove, anche se io spero in un futuro per tutti anche per quelli che vivono da queste parti. Il futuro è un discorso che mi appartiene poco, dico sempre che io ho un grande futuro alle spalle! Sono i giovani, e ce ne sono tanti capaci, ad avere il futuro davanti. Solo loro possono rispondere alla domanda sulla possibilità di un futuro per chi vive qui. Quello che mi fa star bene? Semplicemente passeggiare, parlare con gli amici, ricordare con loro i momenti belli della mia squadra di pallavolo in cui ho giocato raggiungendo la promozione nella massima serie.

 Puoi dirci qualcosa del prossimo libro? Ne hai uno in mente o uno nel cassetto?

Sto lavorando alla seconda stesura di un nuovo romanzo, anche in questo caso parte da una storia reale che ho rielaborato traendone materia per un romanzo. I protagonisti: terroristi, politici, uomini dei servizi segreti ma anche camorristi e massoni delle logge segrete. Ho in mente anche un altro romanzo, sulla camorra, che racconterà alcune storie di questa e di altre terre. Questo terzo libro, se riuscirò a scriverlo, concluderà la trilogia sui fatti di camorra della Campania e del sud dell’Italia. Poi, forse, mi dedicherò a scrivere un saggio sul Clan dei Casalesi (ovvero gli abitanti cattivi N.d.R.).Tutti ne parlano, ma nessuno è riuscito a penetrare nel tessuto narrativo che descrive i veri gangli delle organizzazioni camorristiche di quel triangolo. In vista del giorno in cui dovrò scrivere questo saggio, spero che questo problema non sarà più un argomento di criminologia, ma un fatto storico. Mi piacerebbe narrarlo come si racconta oggi La guerra dei cento anni o La spedizione dei mille.

 

*Vito Faenza è nato nel 1948 a Nocera Inferiore(Sa) e dal 1953 abita ad Aversa. Ha frequentato il liceo scientifico Diaz a Caserta dal 1962 al 1966. Dal 1976 al 1999 è stato redattore della redazione napoletana de “l’Unità”. Visita scuole in giro per l’Italia per parlare del suo primo romanzo “L’isola dei fiori di Cappero” (Spartaco Editore 2013).

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