1)Quando hai capito che l’idea del soggetto cinematografico “Ciruzziello” poteva diventare un progetto cinematografico concreto?
Quando il regista, Ciro D’Aniello mi ha parlato dell’idea del cortometraggio basata su un personaggio ispirato alla nonna, una donna molto anziana, ma ancora autonoma, e tanto legata alla tradizione religiosa e alla fede cristiana, sono rimasto subito affascinato. L’idea di lavorare su un personaggio femminile e molto avanti con l’età era decisamente motivante. Inoltre nell’idea era presente anche il personaggio di un figlio disabile: questo era ancora più interessante, perché tale situazione ci dava l’opportunità di mettere in crisi la fede religiosa della protagonista. Abbiamo lavorato sulla struttura per portare il personaggio lentamente al momento di rottura con la fede religiosa, per fare in modo che trovasse soluzioni diverse alla problematica del figlio.
2) Come procede la diffusione del cortometraggio “Ciruzziello” selezionato da Rai Cinema?
La distribuzione procede bene, perché il regista, Ciro D’Aniello, è stato davvero bravo, si è occupato lui di questo aspetto in prima persona. Il cortometraggio ha partecipato a tantissimi festival sia nazionali che internazionali, e soprattutto è andato in onda sulla piattaforma di Rai Cinema, con nostra grande soddisfazione. Siamo davvero contenti per la visibilità che ha ottenuto “Ciruziello”. Speriamo che possa ancora girare in altri circuiti indipendenti.
3) Da dove trai spunto per i soggetti cinematografici e narrativi che rielabori con il tuo stile?
Credo che la realtà sia una grande fonte di ispirazione, che a volte supera qualsiasi immaginazione: basta pensare alla situazione attuale che stiamo vivendo a causa del Covid – 19; un periodo assolutamente surreale, direi quasi kafkiano, degno del miglior Saramago (Cecità). I fatti che accadono continuamente nel mondo reale sono una fonte inesauribile per realizzare soggetti cinematografici. È chiaro che il punto di partenza, a mio avviso, è sempre e comunque il personaggio. Per avere una grande storia è necessario un grande personaggio; Shakespeare insegna, basta ricordarsi di Amleto, Otello, Riccardo III, Giulio Cesare, solo per citare qualche titolo, e se vogliamo andare indietro nel tempo, pensiamo all’Ulisse di Omero, oppure ai grandi personaggi biblici. È il personaggio che muove la storia, quindi trovare una buona storia, in definitiva significa cercare un grande personaggio, perché credo che “l’empatia” sia un elemento importantissimo, anche se il mondo delle storie è pieno di personaggi non empatici.
4) Nel caso di lavori filmici, come nasce la sintonia lavorativa con il regista?
Secondo me, l’approccio deve essere quello di mettersi a disposizione della storia, del progetto e del regista. A mio avviso lo sceneggiatore si trova in una posizione favorevole nella scrittura della storia, in quanto è un soggetto esterno, non è coinvolto emotivamente nell’idea, quindi può lavorare tenendo conto solo ed esclusivamente degli elementi narrativi che funzionano. L’arma principale dello sceneggiatore che collabora all’idea di un regista sono le forbici con cui tagliare tutto il superfluo e quello che non funziona. Spesso i registi si affezionano alle proprie idee, alle scene, ai personaggi, instaurano un rapporto affettivo, quindi la presenza dello sceneggiatore è fondamentale.
5) Con quale regista italiano o straniero ti piacerebbe lavorare in futuro?
Se penso al cinema italiano di oggi, stimo tantissimo Claudio Cupellini, di cui ho molto apprezzato “Una vita tranquilla” e “Alaska”, due film davvero riuscitissimi e interessanti sotto il profilo della costruzione dei personaggi e della struttura della storia. Ma Claudio Cupellini lavora già con uno sceneggiatore bravissimo, il capuano Filippo Gravino. Per quanto riguarda i registi stranieri, trovo interessante, sia dal punto di vista stilistico che dal punto di vista della gestione dei tempi narrativi, il danese Nicolas Winding Refn, di cui mi è piaciuto tantissimo “Drive”: straordinari i silenzi del personaggio e la sua evoluzione.
Inoltre, ammiro il newyorkese Darren Aronofsky, soprattutto per come ha lavorato in “The Wrestler”: stupendo il personaggio interpretato da Mickey Rourke. Lo stile documentaristico del film è davvero funzionale al racconto, così come le scelte di fotografia.
Infine, devo necessariamente citare Alejandro González Iñárritu, che grazie alla collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga, ha dato vita alla stupenda trilogia della morte: “Amores perros”, “21 grammi” e “Babel”.
6) C’è un classico della narrativa che ti piacerebbe adattare in forma di sceneggiatura e seguirlo come progetto?
Secondo me è complicato adattare per il cinema un classico della letteratura, perché un grande romanzo si fonda sul conflitto interiore del personaggio, mette in scena pensieri, emozioni, stati d’animo, mentre il linguaggio cinematografico predilige i conflitti esteriori e gli spazi aperti. Infatti Alfred Hitchcock, che la sapeva lunga in tema di cinema, ha realizzato tutti i suoi film con adattamenti di romanzi, cosiddetti di serie B, con tanta azione e limitato flusso di coscienza, insomma, poco letterari. Un libro che mi piacerebbe adattare per il cinema è “La crepa” di Claudia Piñeiro, una scrittrice argentina che ha ambientato la storia a Buenos Aires.
7) Quali sono gli autori di storie che consideri Maestri per la tua formazione?
Fëdor Michajlovič Dostoevskij è stato il mio primo amore, ho letto “Delitto e castigo” tre volte, un capolavoro. Mi sono appassionato alla scrittura leggendo lo scrittore russo. Un altro autore che mi ha affascinato per l’originalità dei suoi racconti è Franz Kafka, geniali “Il processo” e “La metamorfosi”.
Ho letto molti romanzi di Jose Saramago, lo scrittore portoghese ci ha regalato storie davvero particolari, oggi è attualissimo il profetico “Cecità”.
8) Puoi dirci qualcosa dei tuoi lavori futuri?
Leggendo “Il vangelo secondo Gesù Cristo” e “Caino”, di Saramago, ho sempre avuto in mente di scrivere una storia di ispirazione biblica. Mi affascinava il personaggio dell’adultera del vangelo, perché mi chiedevo come fosse cambiata la sua vita una volta che Gesù l’avesse salvata dalla lapidazione. Cosa ha fatto l’adultera dopo la salvezza? Come ha deciso di vivere? Ha cambiato la sua vita? Ho cercato di rispondere a queste domande, così ho iniziato un breve romanzo sulla storia dell’adultera.
Gaetano Ippolito* è uno scrittore e sceneggiatore italiano. Nato a S. Felice a Cancello (CE) nel 1972, vive ad Aversa. Diplomato in regia cinematografica presso la NUCT di Roma. Ha realizzato diversi cortometraggi e documentari. Il cortometraggio “Ciruziello” (di cui è sceneggiatore) è andato in onda su Rai Cinema. Il documentario “La Domitiana” (di cui è produttore) è andato in onda su Rai3, BBC, ORF. Il documentario “Inside Africa” (di cui è regista) ha vinto il festival di Luca Zingaretti. In qualità di scrittore è autore del romanzo “Nostos”, ispirato alle storie dei detenuti coinvolti nei suoi laboratori di scrittura creativa.
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