Cinque domande orticanti allo scrittore Gianfranco Di Fiore

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“…mentre Wallace, per me, entra nelle storie che scrive interamente, fin quasi a muovere diegeticamente i simboli e gli “oggetti” della narrazione, più di tutto sul piano analitico, dove più la sua scrittura si fa pensiero, nella mia di scrittura entra invece massimamente il mio mondo, i miei mondi, i linguaggi e i codici che mi appartengono…”

(Gianfranco Di Fiore*)

1)Fra gli altri autori che vengono in mente leggendoti, giusto per “complicare” le cose nei confronti del lettore comune, di recente ti hanno paragonato a David Foster Wallace. Che ne pensi?

Devo dirti Mario che la sensazione all’inizio è stata molto strana; non si può non essere ammiratori di Wallace, io stesso trovo sia uno scrittore unico e dal talento immenso. Tuttavia, se per la complessità della struttura narrativa, le diramazioni di tracce secondarie che spesso aggiungono dimensioni ulteriori al racconto, l’incombenza della filosofia che tiene insieme non solo i significati ma spesso agisce come propulsore di senso e di suono sui significanti, se per tutte queste cose c’è molta somiglianza con il metodo di scrittura di Wallace credo ci siano poi delle differenze, e ben venga che ci siano, e in particolare una: mentre Wallace, per me, entra nelle storie che scrive interamente, fin quasi a muovere diegeticamente i simboli e gli “oggetti” della narrazione, più di tutto sul piano analitico, dove più la sua scrittura si fa pensiero, nella mia di scrittura entra invece massimamente il mio mondo, i miei mondi, i linguaggi e i codici che mi appartengono, maggiormente nella dimensione esistenziale, dove a differenza di Wallace questa invasione non genera compimento o sistema ma quasi disperde o disgrega le parti della narrazione, creando delle strutture non finite in cui l’autore lentamente svanisce, lasciando spazio al lettore e a delle soluzioni che mai arrivano a essere matematiche o certe. A ogni modo, sapere di essere stato paragonato a David Foster Wallace è una delle cose più belle che mi poteva capitare, e di questo sarò sempre grato alla letteratura, e a chi mi ha fatto questo splendido regalo (Francesco Durante).

 2)Hai scritto un paio di libri. Con il secondo sei già finito tra i libri più citati in Italia (compresa la selezione iniziale verso il Premio Strega). Ora, fama a parte, ti andrebbe di dirci come hai lavorato al tuo ultimo libro?

Il mio lavoro di scrittura è molto complesso e lungo, per “Quando sarai nel vento” ho lavorato sei anni, con una piccola pausa di qualche mese. Avevo in mente di scrivere una storia che tenesse insieme i luoghi raccontati nel libro sin da quando ero piccolo. Italia, Argentina, Stati Uniti e Francia sono le nazioni in cui la mia famiglia è disseminata e così per anni ho cercato di capire che tipo di storia occorresse per tenere insieme questi territori così vasti e lontani fra di loro. Son partito, come sempre, dal protagonista e per un anno mi sono dedicato alla costruzione della sua biografia, prendendo nota quando capitava di alcune scene o situazione che avrei voluto poi sviluppare nel romanzo. Di solito non inizio mai una stesura, né di romanzi né di racconti, se non ho il titolo definitivo, e così ho lavorato alla struttura del libro per due anni. Prima ho scalettato scena per scena il romanzo, compilando un elenco molto lungo di note e riferimenti che avrei dovuto seguire durante la stesura, che invece ho iniziato dopo due anni, appena ho trovato il titolo. Prima della stesura però ho compiuto un viaggio di ricerca che è durato cinque mesi: tre a Buenos Aires e nella Pampa, un mese a New York e un mese a Parigi. Sul luogo ovviamente le suggestioni erano così tante che la struttura del libro si è ingrossata e solo al ritorno in Italia mi son accorto che il materiale era così vasto da doverci poi lavorare ancora quattro anni. In Italia invece, in Abruzzo, ho capito subito che lì il lavoro da fare era diverso: quella città, quei luoghi, non esistevano più e il modo migliore per poter rendere credibile L’Aquila e i suoi ambienti era quello di reinventarli, partire dai dati reali, da ciò che era rimasto ma facendo un lavoro diverso; si trattava di creare qualcosa che non c’era, ipotizzando sia la sua forma passata che una possibile forma futura. Il resto, come sempre accade, è frutto di studio, di ricorsi alla musica, al cinema, alla fotografia e ai racconti di vita vera.

3)Sei Cilentano. Vivi altrove. Viaggi molto, per lavoro e per passione. Quando e come trovi il tempo per fermarti a scrivere?

Negli ultimi anni, per scrivere con grande regolarità (di solito resto al computer per 12 o 13 ore al giorno) ho lavorato molto poco, ho curato dei progetti che potevo seguire da casa, a parte alcune produzioni a New York, poi sono stato rinchiuso in casa a lavorare al romanzo. Occupandomi di comunicazione a più livelli, riesco spesso a curare piccoli progetti nelle parti di tempo che dovrei utilizzare per riposare occhi e mente, ma per necessità a volte cerco di tenere in piedi le anime diverse della scrittura. Ad ogni modo, quando lavoro ad un romanzo lo faccio sempre e solo a Capaccio. Se scrivo ho bisogno del mio mare, di guardare Paestum dall’alto, insieme a Capri, Sorrento e la Costiera, e nei momenti di stanca fermarmi a respirare l’aria fresca della collina. C’è un forte legame tra le mie pagine e la mia terra. Ma questo non accade mai in estate, perché in estate non scrivo, o per meglio dire non lavoro mai alla stesura dei miei romanzi: al massimo, in estate, mi dedico alle correzioni, allo studio, alla fase di editing che è molto diversa e richiede meno energie.

4)Quali sono 5 autori imprescindibili nella tua formazione artistica?

Come sempre dico, i miei riferimenti paradossalmente sono molto più fuori dalla letteratura e dai libri. Il cinema, la musica, la fotografia e la filosofia sono i cardini principali attorno ai quali ruotano le mie idee e le mie riflessioni. Ovvio che leggo moltissimo, da sempre, e guardo anche molta tv che per me risulta essere un grande pozzo di suggestioni e notizie utili da far confluire poi sulla pagina. Se devo citare cinque autori fondamentali nella mia formazione ti dico: Robert Musil, William Faulkner, John Fante, J. G. Ballard, Peter Handke.

5)Stai scrivendo un nuovo libro? Ti andrebbe di anticiparci qualcosa?

Ho un romanzo già pronto, che è molto diverso da “Quando sarai nel vento”, una struttura molto semplice e una trama lineare che riguarda una coppia di giovani. Poi sto lavorando a un altro romanzo, anche se da qualche mese sono fermo per via della promozione di questo appena uscito, e si tratta di un libro interamente ambientato nella mia città, che è Capaccio-Paestum ma non posso dire di più: di solito non parlo mai di ciò che sto scrivendo prima che venga pubblicato.

*Gianfranco Di Fiore è nato nel Cilento -ad Agropoli- nel 1978. Ha lavorato come regista e come sceneggiatore. Il suo primo romanzo s’intitola  “La notte dei petali bianchi” (Laurana Editore). Con il libro “Quando sarai nel vento” (66thand2nd Editore) ha riscosso un notevole successo di critica e di pubblico. Se non scrive, suona. Oppure, tempo permettendo, viaggia per il mondo.

Per acquistare il suo libro e saperne di più sulla sua scrittura ecco un link prezioso:    https://www.66thand2nd.com/libri/245-quando-sarai-nel-vento.asp

Mario Schiavone

Cinque domande a Marco Missano

Marco Missano* regista e sceneggiatore di talento racconta come e perché ha scelto questo lavoro.

Nato ad Agropoli. Trapiantato a Roma. Sempre in giro per il mondo, per creare nuovi lavori. Cosa ti spinge a muoverti tanto?

Beh, Roma non è poi così lontana, invece Milano inizia già a diventare un problema. Scherzi a parte, il fattore che mi spinge ogni volta a muovermi tanto è la consapevolezza di aver scelto il lavoro che ho sempre sognato di fare, questo alimenta la voglia di mettermi sempre in gioco. Certo, un po’ folli bisogna esserlo.

Forse non ricordi questo episodio: anni fa, viaggiando in treno, ti ho fatto alcune domande sul tuo futuro da creativo sregolato. Ricordo bene che avevi già una visione di quello che volevi fare da grande: è questa, secondo me, la ragione di successo di un Regista dal talento puro. Cosa ti ha spinto a non mollare mai in tutti questi anni?

Oddio, non mi ricordo! Non ti nascondo che non è stato affatto facile e ancora ce n’è di strada da fare. Sino adesso, è stata la mia natura autolesionista, condita con una forte dose di autocritica che mi ha aiutato a capire dove migliorare. Prima succedeva con i videoclip, adesso con gli spot… poi chissà!  😉

Non credi nelle scuole, pur avendone frequentate di valide. Cosa consiglieresti a un giovane creativo che vuol svolgere il tuo lavoro in un mercato così difficile?

Questo è un lavoro in cui la conoscenza “tecnica” serve, ma non è cruciale. La scuola può gettare basi sulla conoscenza esterna del mondo del cinema/tv… ma scrivere per emozionare oppure girare un film è un processo così personale e intimo che nessuno è in grado di dire quali sono gli ingredienti giusti o sbagliati. La creatività è un muscolo che va allenato costantemente. Io ho iniziato con i videoclip, il mio consiglio è contattare le band e proporsi. I videoclip sono un’ottima scuola personale.

In ambito musicale hai lavorato con artisti di ogni genere: solo per citarne un paio, dai talentuosi musicisti della band A toys Orchestra allo straordinario Raphael Gualazzi. Che cosa stai progettando per il futuro?

Ho sperimentato molto in questi anni, dalla stop motion a varie tecniche visive. Sin da piccolo, ho sempre sognato di fare cinema… in questi giorni ho terminato la sceneggiatura del mio primo film. Incrociamo le dita.

Raccontami, se ti va, di un oggetto della tua infanzia che ti rappresenta.

Senza ombra di dubbio il Videoregistratore… ma anche le VHS dei viaggi delle mie sorelle che amavo cancellare per registrarci film come RITORNO AL FUTURO, GLI ACCHIAPPAFANTASMI e altri.

*Marco Missano, è nato ad Agropoli (Sa) e vive a Roma. Ha vinto diversi premi in Italia e all’estero come autore di Videoclip di successo. Ha realizzato i video musicali di artisti internazionali, fra gli altri: Raphael Gualazzi, Toys Orchestra e Julie’s Haircut.

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