5 domande a Sara Milla: autrice del libro “Il rischio della Formica”.

Il rischio della Formica di Sara Milla è un romanzo pubblicato da Epika Edizioni.
Il rischio della Formica di Sara Milla è un romanzo pubblicato da Epika Edizioni.

“La biblioteca ha grandi potenzialità come luogo di aggregazione, cultura, passaggio di valori”

(Sara Milla*)

Il rischio della formica è il tuo primo libro, se non sbaglio. Ti andrebbe di dirci perché scrivi e come ti è venuta in mente questa storia?

Si, Il rischio..è il mio primo libro.. Scrivo forse per dare ordine, direzione e storia, a quello che “vedo”, ai piani diversi in cui si situa la realtà, ai mondi possibili che ci sfiorano durante la nostra vita con la loro Umanità,  Tempo, Paesaggio, infinitamente diversi e alla fine coincidenti. Questa storia è nata perché una mia amica voleva sfidare suo marito e un amico che stavano scrivendo un romanzo a quattro mani, il cui protagonista si chiamava Adamo ed era un ebanista. Mi ha chiesto di scrivere insieme una storia alternativa alla loro, sicuramente migliore. Poi abbiamo litigato sul primo capoverso della prima pagina e io ho continuato da sola.

Sulla tua pagina persona di Fb c’è scritto che lavori presso la Fabbrica di Cibo per la mente… ti andrebbe di dirci quante ore al giorno dedichi alla ricerca di cibo per la tua mente?

Cibo per la mente riguarda in realtà il mio lavoro, che deve produrne perché mi occupo della primissima infanzia. Ma naturalmente il cibo è necessario tutta la vita: in parte i ragazzini di cui mi occupo a loro volta mi alimentano, è osservando loro che realizzi le nuove proposte didattiche, nuovi linguaggi e nuove “ricette” pedagogiche. Quindi diciamo che la ricerca di cibo occupa la vita per 24 ore al giorno e oltre J

Nel tuo libro, se non erro, c’è un bel frammento di storia che riguarda il Giappone. Perché ti affascina così tanto un paese così lontano e insolito rispetto all’occidente?

Parlare di una donna giapponese, anche se sui generis, è stato davvero arduo, perché non conosco nessun giapponese, e il rischio di utilizzare stereotipi era davvero pesante. Mi sono documentata anche su blog giapponesi, proprio per comprendere la forma attuale di vita in Giappone. Ho scelto in realtà il personaggio più misterioso per me, di difficilissima collocazione ambientale, la stessa madre della protagonista appartiene ad una etnia arcaica, i personaggi sono tutti in una situazione tra il limite e la stasi. Ho scoperto alcuni aspetti del Giappone proprio facendo ricerca per Emi. Spesso, durante la lavorazione del libro, se incontravo qualche donna giapponese per strada, provavo il desiderio di farle delle domande. E’ stato abbastanza difficile, spero che Emi sia comunque un personaggio compiuto.

Che rapporto hanno, secondo te, i tuoi conterranei con le bibilioteche?

Cosa intendi per miei conterranei? Gli abitanti di Roma? Qui le biblioteche sono abbastanza affollate, ci sono soprattutto molti ragazzi, e bambini nelle giornate dedicate a loro. La biblioteca ha grandi potenzialità come luogo di aggregazione, cultura, passaggio di valori.

Ti andrebbe di parlarci di una storia che vorresti scrivere in futuro o che stai già scrivendo?

La storia che sto scrivendo parla di un giardino. La precedente, che ho finito, parla di una coppia: madre figlio. Spero che possa, anche questa, vedere la pubblicazione.

Sara Milla* è nata a Roma. Ha pubblicato alcuni racconti sulla Rivista on line Unonove, e ha inaugurato la Sezione Racconti del giornale on line La Valle dei Templi, su cui pubblica regolarmente. Collabora con il magazine on line La Rivista Intelligente. Organizza eventi culturali e mostre d’arte.

Per saperne di più sul suo libro d’esordio:

http://www.ibs.it/code/9788896829639/milla-sara/rischio-della-formica.html

 

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI. 

5 domande allo scrittore Tommaso Pincio.

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“Lo spazio sfinito” di Tommaso Pincio, un romanzo fuori dal comune.

“…Per noi, la guerra fredda era il tempo ideale. Dopo la sua fine, il nulla. È cominciato il viaggio nel deserto, il progressivo impoverimento. Ne usciremo soltanto quando le generazioni che hanno fatto il ’68 e gli anni di piombo non saranno più al potere. Prima o poi accadrà. Il rischio è che accada per decorrenza dei termini di esistenza in vita dei vecchi anziché per la rabbia dei giovani…”(Tommaso Pincio*)

Dicono che hai informazioni dirette sul tuo omonimo statunitense: Thomas Ruggles Pynchon Jr. ! Se non è vero a me piace crederlo: Ti andrebbe di dirci qualcosa in più rispetto alle pochissime informazioni che circolano in rete?

Spiacente, ma debbo deluderti. Non ho accessi privilegiati né mi interessa averli. Del nuovo romanzo, so quello che tutti possono trovare in rete. E le informazioni non sono affatto poche. Si conoscono titolo, ambientazione, trama. È anche possibile leggere un lacerto delle prime pagine. In pratica tutto l’essenziale. Cosa vuoi di più?

Tentativi da Pittore, Successo da Scrittore: Anni fa (Torino, 2004) mi hai raccontato della tua sofferenza legata al “fallimento” incontrato col primo “mestiere” artistico. Con la scrittura, hai ottenuto, a mio avviso, un ottimo successo. Oggi leggo che continui a creare opere d’arte, con un notevole riscontro di critica e pubblico. Pensi ancora di non essere un bravo artista quando usi tela e pennello?

Lo penso ancora e non c’è modo di non seguitare a pensarlo. E lo stesso vale anche per il mio lavoro di scrittore. Si è soddisfatti della propria opera soltanto a sprazzi, per brevi momenti di esaltazione cui sempre seguono ore interminabili di dubbio e sconforto. Soltanto gli idioti provano una fierezza perpetua e senza incrinature. Il successo, il riconoscimento del pubblico è faccenda diversa. Spesso si è apprezzati pur non avendo prodotto alcunché di speciale, pur essendo mediocri artisti. E allora il successo costituisce una sorta di lenitivo, un anestetico che consente di non fare i conti (o non farli troppo) con i propri limiti. Ma è un problema che mi riguarda soltanto relativamente, visto che pure il successo è molto, ma molto relativo.

Ho letto molti dei tuoi libri. In diversi momenti della mia vita: sembravano costruire, le pagine delle tue storie, una bellissima colonna sonora. Per me indispensabile perché utile a combattere i giorni tristi che vivevo fra un lavoro e l’altro, sogno dopo sogno. Se ti chiedessi di raccontare l’immagine di un ventenne che fa il portiere notturno, sognando di pubblicare il suo (primo) romanzo per bambini… Quale disegno o frase inventeresti?
Avendo un debole per gli alberghi, i portieri di notte mi sono sempre piaciuti. Preferisco comunque cambiare domanda; le dediche mi piacciono assai meno.

Quale storia scrivi in questo periodo così difficile per il nostro Paese?

Un libro attorno al quale giro da anni. Il suo centrale tema è l’arte e, più in particolare, la pittura italiana, la sua idea di spazio e luce, il suo rapporto con la cultura che l’ha prodotta, con il mecenatismo e il mercato, ma soprattutto il suo confrontarsi con l’immagine di tipo fotografico e dunque con la nozione di immagine e, fatalmente, di realismo. Vede per protagonisti uno fra i maggiori maestri italiani e una versione alterata di me stesso. Quanto alterata, se poco o molto, ancora non so. Dipende da quanto cambierò le carte in tavola in corso d’opera. Conoscendomi, può ancora accadere di tutto. In effetti, non importa granché quanto mi stravolgerò perché non sono io il vero protagonista bensì l’artista di cui dicevo. Mi rendo conto di essere stato fumoso, ma non posso essere più esplicito di così. In determinate fasi del lavoro, dire troppo significa spezzare l’intimità necessaria col soggetto.

Provo a essere ottimista: in Italia la gente comune ricomincerà a leggere davvero bei libri, la politica smetterà di far promesse e io non dovrò più fare mille lavori schifosi per sopravvivere. Forse. Tu cosa pensi di questi tempi bui italiani?

Pensare che i tempi bui siano una contingenza è un consolante abbaglio. L’attuale decadenza italiana non è frutto della crisi economica. La recessione ha soltanto esaltato e aggravato un male che covava da tempo. L’Italia non ha mai superato il trauma del crollo del muro Berlino, tant’è che abbiamo prontamente allestito una sua replica grottesca e patetica, un teatrino dell’assurdo col quale siamo andati avanti un ventennio. Che Berlusconi abbia potuto fare dell’anticomunismo una bandiera, la dice lunga in proposito. Anche l’insistita adozione del linguaggio calcistico dice molto sul nostro modo di pensare. Ci dice, per esempio, che la contrapposizione tra destra e sinistra, prima ancora che una questione politica, è una bega da stadio. Noi italiani sappiamo concepire la convivenza soltanto nel tempo orizzontale del derby, un tempo nel quale ci scanna tra fratelli, tra guelfi e ghibellini, tra rossi e neri, tra laziali e romanisti. Preferiamo accoltellare il fratello piuttosto che uccidere il padre. Per noi, la guerra fredda era il tempo ideale. Dopo la sua fine, il nulla. È cominciato il viaggio nel deserto, il progressivo impoverimento. Ne usciremo soltanto quando le generazioni che hanno fatto il ’68 e gli anni di piombo non saranno più al potere. Prima o poi accadrà. Il rischio è che accada per decorrenza dei termini di esistenza in vita dei vecchi anziché per la rabbia dei giovani.

 

Tommaso Pincio* è uno scrittore italiano esperto di arte e letteratura americana. Il suo ultimo libro è questo: http://www.ibs.it/code/9788842818298/pincio-tommaso/pulp-roma.html

Qui:  http://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_Pincio trovate la ragione del suo nome d’arte, una biografia e l’elenco dei suoi libri(nonché altri dettagli interessanti!)

 © Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI. 

 

 

 

5 domande a Margi de Filpo

Liza di Margi de Filpo (Epika Editore)
Liza di Margi de Filpo (Epika Editore)

“ Berlino è il mio paese inventato, una città fatta di uomini travestiti da conigli che regalano uova dipinte…” (Margi de Filpo*)

Scrivi e leggi tantissimo. Collabori, fra le altre attività, con Ivan Arillotta per la “manutenzione creativa” del blog letterario “unonove”. In fondo è tutto volontariato letterario: perché lo fai?

Unonove è nato come una scommessa fra me e Ivan, scommessa che fortunatamente ho perso io. Quando un autore ti chiama in piena notte, o il giorno di Natale, perché ha bisogno che tu legga qualcosa che ha inviato, riconosci il tuo stesso bisogno. I brindisi via Skype perché abbiamo avuto mille lettori unici in ventiquattro ore, sono momenti di condivisione sincera e impagabile: è esaltante. Esaltante quanto sapere che un “tuo” autore ha firmato un contratto di pubblicazione. Leggere è una passione che fa trascinare valigie spesso troppo pesanti, scrivere un bisogno che necessita di condivisione per essere soddisfatto. Non è volontariato, è fuga dalla solitudine.   

Sei cresciuta a Berlino, se non ricordo male. Io ci ho vissuto per un periodo. Città multiforme e molto attraente per chi scrive e legge. Potresti consigliarci almeno due libri recenti e interessanti ambientati in questa città tanto affascinante?

No, non potrei. Perché mi vengono in mente solo classici e sarebbe superfluo parlarne. Non sono cresciuta a Berlino, però. Nel sentirmi apolide che ti dicevo, concorrono vicende più complesse. Ho trascorso periodi lunghi della mia infanzia a Berlino perché mio padre lavorava lì. Ma ho cambiato spesso città, anche in Germania, tornando nel mio paese fra un trasloco e l’altro. Berlino è il mio paese inventato, una città fatta di uomini travestiti da conigli che regalano uova dipinte, e scuole occupate, con gli altoparlanti alle finestre. È la musica che ascoltava mio padre, il primo computer che ho visto, e le nostre valigie sempre pronte. Ma sono solo ricordi confusi di una bambina che oggi si sente romana e lucana.

Da cosa trai spunti per le tue storie?

Da ciò che vedo, sento e leggo. Spesso da un dettaglio, come è stato nel caso di “Liza”: i fogli piegati a metà descritti nell’incipit del romanzo erano, nella realtà, le lettere private di uno dei miei scrittori preferiti, che ho avuto l’onore di leggere una notte in un appartamento a Testaccio. Cosa c’entra la storia che ho raccontato? Nulla. Ma parte da lì, l’emozione di un momento che si “srotola” in una trama. Credo che scrivere renda più sensibili e attenti ai particolari, non il contrario. Chi scrive finge, eppure è onesto.  Spesso lo spunto è autobiografico, e non sempre il risultato è soddisfacente, nella stesura finale di me rimane poco, se non nulla. Quando riesco a sparire, il racconto funziona.

Ci sono storie da non scrivere mai secondo te?

Sì, storie che banalizzano argomenti delicati. Non tutti possono scrivere di tutto, in alcune situazioni l’intelligenza ci pone l’obbligo di astenerci. Poi, leggere romanzi scritti da giornalisti, da politici, da personaggi dello spettacolo, per me è spesso- non sempre, ma spesso – un’esperienza intimamente straziante. Alla fine il discorso è sempre lo stesso: se non hai nulla da dire a riguardo, taci.

Se la tua scrittura fosse un animale dotato di superpoteri, che animale sarebbe?

Mario, te lo ricordi Grisù, l’ultimo discendente dei Draconis, che odia la sua natura di draghetto perché quando si emoziona incenerisce tutto? Ecco: Grisù.

Margi de Filpo* è una scrittrice e vive a Roma, dove lavora in una agenzia di comunicazione. Collabora con la redazione di Leggere:Tutti. Ha scritto e scrive per diverse riviste letterarie molto attive in rete. Assieme a Ivan Arillotta coordina il blog di storie “unonove”.  Ha una vivace pagina fb su cui scrive status ironici e intelligenti, descrivendo quanto le accade ogni giorno. Il suo ultimo libro, appena uscito in libreria, è: Liza (Epika Edizioni). Per leggere alcune sue storie: http://www.unonove.org 

© Mario Schiavone per Inkistolio: Storie orticanti. RIPRODUZIONE RISERVATA DEI TESTI.

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