“Arrubbate cchiù poco”: il grido del musicista Giovanni Sorvillo. Intervista esclusiva al sassofonista campano.

“…Arrubbate cchiù poco e facite sta buone a gente

nun ce a faccio a sentì sempe e stesse cose

vuje dicite ma nun dicite maje niente…”*

*Frammento tratto dal singolo Arrubbate cchiù poco. Testo  di Giovanni Sorvillo

C’è aria di musica nuova in Campania, perché soffia un dolce vento che profuma di antico: il vento della rabbia di chi ha a cuore il destino della gente comune. A dare le coordinate di questo vento è la bussola che tiene in mano l’artista Giovanni Sorvillo*, accompagnato dai suoi fratelli artistici che compongono la band Tiempo Antico*. Tale fermento trova spazio nella scena musicale italiana perché in questo fenomeno anomalo, ma necessario, del riaffacciarsi alla vita delle persone dopo un tempo difficile che sembrava non finire mai, il gesto del fare musica nasce da una voglia di riscatto sociale: ecco perchè il nuovo singolo Arrubbate cchiù poco di Giovanni Sorvillo con i Tiempo Antico, come ha raccontato Sorvillo stesso in un’intervista allo scrittore campano Mario Schiavone, nasce da una sintonia di gruppo che s’interroga sulla rabbia che ognuno di noi in quanto uomo prova ogni giorno.

1) Mi parleresti del tuo  rapporto con i dischi fatti fino ad oggi passando per la tua collaborazione con i Tiempo Antico?

Diciamo che non è mai cambiato niente, è una vita che stiamo assieme: suoniamo da 35 anni insieme. Abbiamo condiviso tanti viaggi musicali, fatto tante cose fino a quando nel 2015 abbiamo partecipato a Musicultura Festival. Il progetto è iniziato da lì con il brano “Terra Avvelenata”, una canzone che (come dico sempre) non avrei mai voluto scrivere. Però, come spesso amo ricordare,  nonostante tutto, è andata benissimo. Siamo stati premiati come miglior gruppo musicale, distinguendoci e vincendo il premio previsto nella categoria “un cert regard”.  Poi abbiamo inciso “Cadebè” primo disco, che è stato un progetto musicale molto fortunato. Nel 2019 abbiamo inciso e lanciato secondo disco, “Mea Culpa”, un disco ancora fresco… causa pausa da pandemia covid 19. Si tratta di un disco ancora poco conosciuto, per questo lo porteremo avanti. Tra questi due dischi abbiamo fatto 4 videoclip: “Nù signore”, “Giuann battista” (pezzo che piaciuto molto) poi “Canapa” e poi ancora “Quercia Regina” fino ad arrivare all’ultimo video del singolo di questi giorni. Ci tengo a ribadire una cosa importante: avere vicino Jennà Romano (nostro amico e produttore artistico), persona che conosco da una vita, è stato molto importante. Con lui si lavora bene, abbiamo un  bel rapporto sia umano che musicale. Con il video di “Arrubate chiù poco”, in uscita a giugno, arriviamo ai nostri giorni.

2)Si dice sempre che i grandi hanno fatto la storia della musica, senza dare possibilità di futuro ad artisti successivi capaci di raccogliere il testimone: credo sia una grande balla. Mi parleresti della tua musica presente che nasce dalle suggestioni dei  maestri del passato?

Sono stato allievo di James Senese per quanto riguarda la mia formazione da sassofonista. Un altro grande maestro è stato Antonio Balsamo, così come è stato importante nella mia formazione anche il grande sassofonista Larry Nocella. E poi, fin da quando avevo 14 anni, vedevo come un musicista speciale il batterista e paroliere Franco Del Prete. Con Franco, da adulto, ho collaborato per i testi e le musiche di alcuni suoi album. Non mi stancherò mai di nominare Franco Del Prete.

3) A me sembra che questo singolo, “Arrubbate chiù poco”, sia in sintonia con i tempi che corrono. Che ne pensi?

Concordo. Fondamentalmente, il nostro nuovo singolo “Arrubbate chiù poco,  nasce un po’ dalla rabbia.

4) Molti libri contemporanei narrano di personaggi stanchi del potere. Questo tuo brano, simile a quei libri, nasce da pura fortuna o da una certa sensibilità artistica?

Credo poco, quando fai questo mestiere, nel concetto di fortuna. Io faccio questo da quando ero piccolo, non ho un ricordo senza musica nella mia vita. Non so se ho scelto io la musica o se la musica ha scelto me. Uno però non inventa niente, la musica sta nell’aria. C’è tutto nell’aria. Sempre una benedizione quando esce un brano.

5) Se la tua musica è coerente con questi tempi a noi vicini, dove trovi la forza di suonare quando il presente ti scoraggia?

Suono il mio sassofono. Ho la fortuna di vivere in mezzo alla natura. Vedere il verde che c’è intorno a me mi fa respirare bene.

6) Guardando la scena musicale italiana, notiamo che non è fatta di sola musica. Sembra che la musica sia in mano solo a star musicali dal successo facile. Di talent show in talent show pare davvero che ci sia spazio solo per certa musica fatta per creare spettacolo. Che ne pensi?

Questo è un fenomeno che appartiene molto ai giovani. Oggi i giovani vogliono tutto e subito, ma devono capire che tutto (il successo ad esempio) può finire subito. Le cose vengono sempre fuori. Le cose che ho appreso, nel mio percorso, sono state faticate. La musica è una faccenda seria, un gioco serio per voler tirare fuori un ossimoro. Non credo molto nei talent, il musicista vero secondo me si vede dal vivo. Chiunque sia il musicista.

7) Com’è la tua giornata tipo?

Vivo la musica a qualsiasi ora. Dove abito alle 3 di notte posso usare il sassofono, nella mia giornata la musica c’è sempre. Sono sempre alla ricerca di suggestioni musicali, sono un professionista da un bel po’ di tempo. Insegno anche musica. Però studiare la musica, insegnarla e suonarla sono  tre cose molto diverse. In certi momenti della giornata mi piacerebbe prendere ancora lezioni dal sassofonista e direttore d’orchestra Antonio Balsamo, per me è stato un grande maestro.

8) Cosa ti manca di più di Franco Del Prete e di Antonio Balsamo?

Ripensando ad Antonio Balsamo mi viene in mente la sua umiltà. Era così umile che quando ero suo allievo e non capivo qualcosa mi diceva: “Se non hai capito bene, è più colpa mia che tua”. Questa cosa mi fa pensare a lui come un grande. Di Franco Del Prete mi manca tutto: dai suoi consigli al suonare assieme, mi ha cresciuto Franco. Franco per me è infinito. Franco le persone devono ancora scoprirlo. Lo stanno scoprendo giorno per giorno. Io sono nato ascoltando la musica di Franco, i Napoli Centrale sono stato un punto di riferimento. Ho scritto anche un brano, nel disco Mea Culpa,  che si intitola “u scarpariello”. Con Carmine Capasso, amico carissimo e testimone di tutto quello che ho vissuto fin da piccolo, avevamo a disposizione cento lire che mi dava mia mamma. Con quella cento lire compravo gelati, panzarotti e altro. Il venditore dei panzarotti aveva solo un nastro: faceva girare la cassetta dei The Showmen con la voce di Mario Musella. Lui quell’audiocassetta la faceva girare per tutto il tempo del suo lavoro. E ascoltavamo quella musica fino a quando il venditore di panzarotti non smetteva di lavorare e se ne andava via.

9) Quando componi le canzoni, come lavori? Scrivi prima le parole o prima la musica?

Non ci sono regole. A volte prima la melodia, poi le parole. O al contrario. La magia succede quando escono parole e melodia assieme. Passa attraverso di me, ma so spiegarlo poco come accade. Se sto in auto registro appunti con il telefonino, a casa uso carta e penna. Prima mi scrivevo tutte le partiture, ora registrare un brano è una cosa più veloce. Sono un uomo antico, non vecchio, ma antico.

10) Quanti anni hai e quanti anni sono che fai musica?

Faccio musica da sempre. Prima chitarra? Pezzo di legno e camera d’aria di bicicletta. Non ho ricordi della mia vita senza musica. Piccola e piacevole coincidenza: gli anni che a breve compirò, nella smorfia napoletana, corrispondono al simbolo: “a musica”, ovvero al numero 55.

11) Cosa ti aspetti dal tuo percorso futuro?

Per il futuro, e fino alla mia morte, spero solo di fare sempre il musicista. Questo desidero, più di ogni altra cosa, per il mio futuro.

Per il singolo “Arrubbate cchiù poco” presenta in apertura di intervista:

Credits

Testo e musica: Giovanni Sorvillo

Illustrazioni e Animazioni: Camilla Di Bella Vecchi

Produzione Artistica: Jennà Romano

Produzione Esecutiva: Jean-Marie Bilancioni

*La band  Tiempo Antico è composta da: Giovanni Sorvillo che si occupa dei testi e degli arrangiamenti musicali, Salvatore Acerbo alle chitarre, Nicola Girardi al basso, Mario Lupoli al sax soprano e Giuseppe Vertaldi alla batteria.

Giovanni Sorvillo* è un musicista italiano nato a Orta Di Atella (Caserta) nel 1966. La sua carriera di musicista inizia all’età di quindici anni, suonando la chitarra ed esibendosi con vari gruppi locali. Dopo questa esperienza, inizia il suo percorso di sassofonista, diventando allievo di James Senese. Nel 1986 iniziano varie collaborazioni in campo musicale con artisti del calibro di Larry Nocella, James Senese, Franco Del Prete, Gianni Guarracino, Bruno Illiano, Vittorio Remino. Nel 1988 partecipa, con Nino Buonocore, al programma televisivo “AZZURRO 88”. Nel 1989 incontra Tullio De Piscopo, con il quale collaborerà, in qualità di corista, al disco “BELLO CARICO”. Nei primi anni 90 studia armonia con il maestro Michele Carrabba e nel 1998 forma un quartetto Jazz, da lui ideato e diretto, con il quale si esibirà in noti locali di diverse città italiane. Nel 2004 costituisce il duo Jazza Bossa con Salvatore Acerbo. Dal 2006 insegna sassofono e armonia in varie accademie. Per il batterista e paroliere Franco Del Prete ha arrangiato le musiche di alcuni suoi brani; tra i più noti: Veleno e ‘A terra mia. Negli anni ha collaborato con artisti quali: Ciccio Merolla, Patrizio Trampetti, Peppe Lanzetta, Joe Amoruso, Alberto D’Anna, Layeba, Franco Del Prete Sud Express e Raiz. Dal 2011 si dedica a tempo pieno al suo ultimo progetto musicale, con il gruppo Tiempo Antico, scrivendo testi e musica.

5 domande allo sceneggiatore Gaetano Ippolito*

1)Quando hai capito che l’idea del soggetto cinematografico “Ciruzziello” poteva diventare un progetto cinematografico concreto?

Quando il regista, Ciro D’Aniello mi ha parlato dell’idea del cortometraggio basata su un personaggio ispirato alla nonna, una donna molto anziana, ma ancora autonoma, e tanto legata alla tradizione religiosa e alla fede cristiana, sono rimasto subito affascinato. L’idea di lavorare su un personaggio femminile e molto avanti con l’età era decisamente motivante. Inoltre nell’idea era presente anche il personaggio di un figlio disabile: questo era ancora più interessante, perché tale situazione ci dava l’opportunità di mettere in crisi la fede religiosa della protagonista. Abbiamo lavorato sulla struttura per portare il personaggio lentamente al momento di rottura con la fede religiosa, per fare in modo che trovasse soluzioni diverse alla problematica del figlio.

2) Come procede la diffusione del cortometraggio “Ciruzziello” selezionato da Rai Cinema?

La distribuzione procede bene, perché il regista, Ciro D’Aniello, è stato davvero bravo, si è occupato lui di questo aspetto in prima persona. Il cortometraggio ha partecipato a tantissimi festival sia nazionali che internazionali, e soprattutto è andato in onda sulla piattaforma di Rai Cinema, con nostra grande soddisfazione. Siamo davvero contenti per la visibilità che ha ottenuto “Ciruziello”. Speriamo che possa ancora girare in altri circuiti indipendenti.

3) Da dove trai spunto per i soggetti cinematografici e narrativi che rielabori con il tuo stile?

Credo che la realtà sia una grande fonte di ispirazione, che a volte supera qualsiasi immaginazione: basta pensare alla situazione attuale che stiamo vivendo a causa del Covid – 19; un periodo assolutamente surreale, direi quasi kafkiano, degno del miglior Saramago (Cecità). I fatti che accadono continuamente nel mondo reale sono una fonte inesauribile per realizzare soggetti cinematografici. È chiaro che il punto di partenza, a mio avviso, è sempre e comunque il personaggio. Per avere una grande storia è necessario un grande personaggio; Shakespeare insegna, basta ricordarsi di Amleto, Otello, Riccardo III, Giulio Cesare, solo per citare qualche titolo, e se vogliamo andare indietro nel tempo, pensiamo all’Ulisse di Omero, oppure ai grandi personaggi biblici. È il personaggio che muove la storia, quindi trovare una buona storia, in definitiva significa cercare un grande personaggio, perché credo che “l’empatia” sia un elemento importantissimo, anche se il mondo delle storie è pieno di personaggi non empatici.

4) Nel caso di lavori filmici, come nasce la sintonia lavorativa con il regista?

Secondo me, l’approccio deve essere quello di mettersi a disposizione della storia, del progetto e del regista. A mio avviso lo sceneggiatore si trova in una posizione favorevole nella scrittura della storia, in quanto è un soggetto esterno, non è coinvolto emotivamente nell’idea, quindi può lavorare tenendo conto solo ed esclusivamente degli elementi narrativi che funzionano. L’arma principale dello sceneggiatore che collabora all’idea di un regista sono le forbici con cui tagliare tutto il superfluo e quello che non funziona. Spesso i registi si affezionano alle proprie idee, alle scene, ai personaggi, instaurano un rapporto affettivo, quindi la presenza dello sceneggiatore è fondamentale.

5) Con quale regista italiano o straniero ti piacerebbe lavorare in futuro?

Se penso al cinema italiano di oggi, stimo tantissimo Claudio Cupellini, di cui ho molto apprezzato “Una vita tranquilla” e “Alaska”, due film davvero riuscitissimi e interessanti sotto il profilo della costruzione dei personaggi e della struttura della storia. Ma Claudio Cupellini lavora già con uno sceneggiatore bravissimo, il capuano Filippo Gravino. Per quanto riguarda i registi stranieri, trovo interessante, sia dal punto di vista stilistico che dal punto di vista della gestione dei tempi narrativi, il danese Nicolas Winding Refn, di cui mi è piaciuto tantissimo “Drive”: straordinari i silenzi del personaggio e la sua evoluzione.
Inoltre, ammiro il newyorkese Darren Aronofsky, soprattutto per come ha lavorato in “The Wrestler”: stupendo il personaggio interpretato da Mickey Rourke. Lo stile documentaristico del film è davvero funzionale al racconto, così come le scelte di fotografia.
Infine, devo necessariamente citare Alejandro González Iñárritu, che grazie alla collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga, ha dato vita alla stupenda trilogia della morte: “Amores perros”, “21 grammi” e “Babel”.

6) C’è un classico della narrativa che ti piacerebbe adattare in forma di sceneggiatura e seguirlo come progetto?

Secondo me è complicato adattare per il cinema un classico della letteratura, perché un grande romanzo si fonda sul conflitto interiore del personaggio, mette in scena pensieri, emozioni, stati d’animo, mentre il linguaggio cinematografico predilige i conflitti esteriori e gli spazi aperti. Infatti Alfred Hitchcock, che la sapeva lunga in tema di cinema, ha realizzato tutti i suoi film con adattamenti di romanzi, cosiddetti di serie B, con tanta azione e limitato flusso di coscienza, insomma, poco letterari. Un libro che mi piacerebbe adattare per il cinema è “La crepa” di Claudia Piñeiro, una scrittrice argentina che ha ambientato la storia a Buenos Aires.

7) Quali sono gli autori di storie che consideri Maestri per la tua formazione?

Fëdor Michajlovič Dostoevskij è stato il mio primo amore, ho letto “Delitto e castigo” tre volte, un capolavoro. Mi sono appassionato alla scrittura leggendo lo scrittore russo. Un altro autore che mi ha affascinato per l’originalità dei suoi racconti è Franz Kafka, geniali “Il processo” e “La metamorfosi”.
Ho letto molti romanzi di Jose Saramago, lo scrittore portoghese ci ha regalato storie davvero particolari, oggi è attualissimo il profetico “Cecità”.

8) Puoi dirci qualcosa dei tuoi lavori futuri?

Leggendo “Il vangelo secondo Gesù Cristo” e “Caino”, di Saramago, ho sempre avuto in mente di scrivere una storia di ispirazione biblica. Mi affascinava il personaggio dell’adultera del vangelo, perché mi chiedevo come fosse cambiata la sua vita una volta che Gesù l’avesse salvata dalla lapidazione. Cosa ha fatto l’adultera dopo la salvezza? Come ha deciso di vivere? Ha cambiato la sua vita? Ho cercato di rispondere a queste domande, così ho iniziato un breve romanzo sulla storia dell’adultera.

Gaetano Ippolito* è uno scrittore e sceneggiatore italiano. Nato a S. Felice a Cancello (CE) nel 1972, vive ad Aversa. Diplomato in regia cinematografica presso la NUCT di Roma. Ha realizzato diversi cortometraggi e documentari. Il cortometraggio “Ciruziello” (di cui è sceneggiatore) è andato in onda su Rai Cinema. Il documentario “La Domitiana” (di cui è produttore) è andato in onda su Rai3, BBC, ORF. Il documentario “Inside Africa” (di cui è regista) ha vinto il festival di Luca Zingaretti. In qualità di scrittore è autore del romanzo “Nostos”, ispirato alle storie dei detenuti coinvolti nei suoi laboratori di scrittura creativa.

Peppe Lanzetta risponde a Aladdin Malek

In merito a questa lettera di Aladdin Malek, lo scrittore Peppe Lanzetta ha deciso di narrare la sua visione di mondo, qui  e ora: senza pensarci due volte.

Eccola:

La vita nonostante tutto.
Nei gerani dei balconi che s’affacciano sui Rom, sui loro appartamenti vista mare, sulle loro facce segnate e sulla rabbia di quelli che PRIMA GLI ITALIANI…
Sono siiti, sono Rom, sono Noemi, sono le tante vittime lasciate per terra mentre il mondo grida, si affanna, corre negli ipermercati della vita cercando un po’ d’amore che non trovano negli scaffali, nonostante il prendi ora e paghi a Natale…
La vita nonostante tutto.
Negli sguardi dei ragazzi che coi loro smartphone sognano i Caraibi a buon mercato con qualcuno che dica loro: lunedì dopo la spiaggia si comincia a lavorare, puoi anche chiamare a casa e avvisare i tuoi genitori…a tempo indeterminato!
La vita nonostante tutto.
Negli occhi delle ragazze violentate, sui loro abiti stracciati sulla dignità di alzarsi e andare a denunciare chi non sopporta addii, separazioni, chi crede che una donna sia una proprietà e il notaio che ha firmato il rogito era ubriaco e strafatto e non ha specificato bene…
La vita nonostante tutto.
Nel petrolio del Venezuela e sulle palpebre dei bambini di Caracas, su quelli dello Yemen, sulle foto che hanno ricevuto un Pulitzer, sul coraggio di chi si avventura per documentare orrori che hanno dimenticato cosa sia la vita, nonostante tutto.
La vita sui dazi americani, sulla iperattività dei cinesi, sulle t shirt dei ragazzi americani che contestano i loro padri che tornano a casa armati di tutto punto, per difendersi, per credere di essere più forti, più sicuri, più machi, più sceriffi, più tutto ma da giovani erano andati a Woodstock e ora l’hanno dimenticato…
La vita sulla vita che passa nonostante tutto perché ci sarà un futuro, perchè ci sarà un cammino, perchè dopo essere andati sulla luna e su Marte qualcuno da lì dirà: Ma che cazzo state combinando voi piccoli uomini? Nelle Borse quotate pure le paure di cui siete portatori e il dow jones sale e scende come le vostre idiosincrasie, come le vostre frustrazioni, come i vostri sguardi sempre più arrossati e iniettati di benzina…
La vita nonostante tutto.
Su un albero di pesche, di ciliegie, sulle fragole col limone.
Sulla brillantina dei papà che non ci sono più.
Sulle fotografie di quando eravate piccoli e s’aspettava l’estate per scrollarsi di dosso i Nasdaq dell’inverno.
La vita, nonostante tutto.
Peppe Lanzetta.

 

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