5 domande orticanti al pensatore Pasquale Veltri

1)Sei il direttore di una collana di narrativa: ci racconteresti tre cose belle del tuo lavoro e, se ti va, una cosa meno bella?

Le cose belle sono molte, per cui avrei molti aneddoti da raccontare. Le figure coinvolte nella realizzazione pratica di un libro comprendono l’autore e l’editore, ma ci sono anche i grafici e i traduttori, ad esempio. Io mi trovo coinvolto anche come editor, oltre che come direttore della collana, quindi per ogni avventura devo parlare praticamente con tutti. Per sintetizzare, ciò che mi ha colpito in modo estremamente positivo è la sintonia che siamo riusciti a creare fra di noi, come gruppo di lavoro.

Per rispondere alla seconda parte della tua domanda, non posso non fare cenno a due circostanze non personali. La prima è che come dimostrano tutte le statistiche serie, nel nostro Paese, a fronte di un gruppo relativamente piccolo di lettori forti, in generale si legge troppo poco. La seconda è che, osservando ciò che succede nei mercati di altri paesi, diciamo così, sviluppati, noi abbiamo abitudini, gusti e strutture tutto sommato molto provinciali per cui non intravedo, per ora, soluzioni.

2) Il tuo libro appena uscito, un godibile e affascinante saggio dal titolo L’Opera d’arte tra ispirazione e inconoscibilità, è composto da 8 pagine di bibliografia. Quanto e come hai lavorato a questo tuo prezioso libro?

Quanti complimenti, grazie. Giorgio Lodetti della celebre Libreria Bocca di Milano, il quale mi ha intervistato solo qualche giorno fa (il video è disponibile qui), mi ha posto una domanda simile. Non che questa domanda mi meravigli troppo, ma direi che un saggio come il mio, senza una bibliografia quanto più possibile precisa, non avrebbe molto valore. Mi sembra una cosa del tutto normale e necessaria. Certo non citerei mai Wikipedia, e non aggiungo altro. Come ho scritto nelle ultime pagine dedicate ai cosiddetti ringraziamenti, il libro proviene da lontano, nel senso che ho accumulato negli anni del materiale attorno a una o due idee, senza avere idea di cosa avrei potuto farne. Un paio di anni fa dall’ Editore XY.IT con cui già collaboravo, mi hanno chiesto se avessi qualcosa di disponibile; avevo solo degli appunti che ho trasformato in ipotesi di lavoro. Mi hanno risposto che l’argomento era interessante e da lì siamo partiti.

3) Quanto di filosofico, in senso scientifico, c’è nella tua formazione universitaria?

All’università ho seguito prima Storia e poi Scienze politiche. A Scienze politiche ci sono le tre direttrici principali che comprendono la Storia, l’Economia e il settore giuridico: la filosofia può collegarsi sicuramente a ciascuno di questi tre ambiti. Non sempre è richiesto, tuttavia a me è successo di guardare i tre ambiti anche dalla parte dei risvolti filosofici che ho poi approfondito successivamente. Provenivo da un corso di laurea dove, evidentemente, sono obbligatori tra gli altri sia gli esami di letteratura che di filosofia e quindi direi che ho compiuto un normalissimo ciclo di studi. Da qui a pensare che io sia un filosofo, ne passa molto, credimi.

4)Se dovessi incontrare un giovane a digiuno di letture, quali romanzi gli consiglieresti per fargli scoprire la potenza della lettura?

Questa è una domanda difficile. A volte sui giornali o anche sui canali dei booktubers, ci imbattiamo in liste “definitive” che ci indicano “i 10 libri da leggere nella vita” o anche “i dieci migliori romanzi di tutti i tempi”, e così via. Io sono molto scettico circa questo tipo di consigli. Dalle elementari in poi, non è che leggessi Nietzsche, ma libri di Salgari e Verne, libri come l’Ultimo dei Mohicani, Moby Dick. Tutti i libri si possono leggere attraverso varie lenti e piani di lettura per cui se leggo oggi Moby Dick (lo cito nel mio saggio, ad esempio) sarà una lettura molto diversa da quella che avrei potuto fare alcuni decenni fa. A un giovane consiglierei i libri adatti alla sua età perché la lettura deve innanzitutto divertire, suscitare interesse. Basta andare in biblioteca o in libreria e lasciarsi affascinare guardando e toccando i libri, e farsi consigliare dagli ottimi librai di cui l’Italia è ricca.

5) Parlaci del tuo nuovo libro in preparazione… ( se ne hai uno in corso). O di qualche novità editoriale di narrativa  a cui stai lavorando in vista dell’anno nuovo.

Con il Direttore di Editore XY.IT Virginia Martelli, stiamo ragionando su alcune ipotesi. Sto preparando una scheda dettagliata che proporrò ufficialmente nei prossimi giorni. Se avrò l’approvazione dell’Editore inizierò a lavorarci seriamente. Le anticipazioni sono ancora premature. Per ciò che riguarda la narrativa, la Collana re(fusi) che dirigo, pubblica scrittori italiani e stranieriche secondo noi possiedono una serie di caratteristiche che riassumo brevemente. Devono avere “sostanza”, nel senso che non ci interessano, ad esempio i soliti “romanzetti” con qualsiasi declinazione (rosa, giallo, nero ecc.). Cerchiamo autori che abbiano un modo di scrivere che a noi sembra originale, innovativo e che nello stesso tempo abbiano nella scrittura profondità di pensiero. In particolare, proprio in questi giorni sto aspettando le bozze di una scrittrice di un certo paese europeo, che ci sembra molto promettente e ancora non conosciuta in Italia. Per ora non posso dire di più. Lo so, siamo esigenti, ma le cose facili e scontate a noi non interessano.

*Pasquale Veltri, classe 1965, è laureato in Storia e in Scienze Politiche. Giornalista, editor  e  critico letterario ha pubblicato articoli in Spagna, in Germania e in Italia, anche sotto pseudonimo. Attualmente scrive recensioni per giornali cartacei e online ed è consulente e editor presso EditoreXY.IT dove è direttore editoriale della collana di narrativa re(fusi). Per acquistare il suo ultimo libro clicca qui: https://www.ibs.it/opera-d-arte-tra-ispirazione-libro-pasquale-veltri/e/9788894561708

5 domande orticanti allo scrittore Luca Martini

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“…Certo, anche io parlo di cose piccole che stanno per esplodere, di situazioni “comuni”, di personaggi normali, ma cerco di farlo usando il mio mondo, tenendo a mente la lezione carveriana…” (Luca Martini*)

 

1)La tua scrittura ha una cifra stilistica che sembra rifarsi, in maniera sincera, al minimalismo carveriano. Molti lo imitano, pochi davvero sono “figli” di quel genere. Cosa ne pensi?

Penso che Raymond Carver sia stato il più grande maestro del racconto breve per una intera generazione, e che, anche nel mio caso, sia stato un vero padre putativo letterario. “Cattedrale” è uno dei capolavori della narrativa del novecento. Penso al contempo di essermi allontanato, di aver, letterariamente, “ucciso il padre”, se non altro per le atmosfere, tipicamente italiane (spesso bolognesi) dei miei racconti. Certo, anche io parlo di cose piccole che stanno per esplodere, di situazioni “comuni”, di personaggi normali, ma cerco di farlo usando il mio mondo, tenendo a mente la lezione carveriana ma costruendomi un mio stile, una mia voce, qualcosa che mi renda riconoscibile.

2) Quando lavori ai tuoi racconti in che modo procedi?

Non esiste un modo che sia lo stesso per tutti. A volte mi viene l’idea, mi siedo a scrivere e in mezz’ora è tutto pronto. Altre, invece, l’idea mi ronza per la testa per mesi, poi un bel giorno – vai tu a capire perché – senti che è ora di metterla su carta. Altre ancora in cui ci metti giorni per scriverlo e mesi per rivederlo, e revisionarlo, ed editarlo, e cambiarlo, per poi, spesso, tornare a una versione simile alla prima ma più asciutta, tagliente ed efficace. Cesellare e lavorare di bulino è la mia passione.

3) Quali sono, rispetto alla tua formazione, cinque autori per te imprescindibili?

Tra gli italiani, senza dubbio Carlo Emilio Gadda e Giuseppe Berto (credo che “Il male oscuro” sia un capolavoro assoluto, al pari dell’ “Ulisse” di James Joyce. Poi, senz’altro Philip Roth, “Pastorale americana” è uno dei più grandi affreschi letterari di sempre. Poi, John Fante (e non c’è tanto da aggiungere, la sua saga su Arturo Bandini è ancora nel mio cuore, oltre che nelle mie dita) e uno scrittore minore e poco noto, ma dalla qualità assoluta: Breece D’J Pancake, un autore morto suicida a 26 anni che ha scritto una sola raccolta di racconti, “Trilobiti”, edita in Italia da ISBN. Leggere per credere.

4)Quanto c’è di reale nel tessuto narrativo che componi per le tue storie inventate?

Tutto e niente. Non si inventa nulla, si ruba un po’ dappertutto modificando i finali o cambiando i protagonisti. Spesso c’è del mio, ricordi della mia infanzia, e molte volte ci sono cose talmente reali che se fossero scritte sarebbero considerate assurde e impossibili. Sicché, ogni tanto è meglio addolcire le storie della vita, per non rischiare di essere scambiati per autori di fantascienza. Il risultato è un verisimile, una realtà falsata, o una finta realtà, qualcosa però in cui tutti si possono riconoscere.

5) Stai lavorando a storie nuove? Vuoi anticiparci qualcosa rispetto al materiale narrativo a cui stai lavorando in questo periodo?

Con piacere posso dirti che il mio nuovo romanzo uscirà a gennaio 2019 per Morellini Editore, e si chiamerà “Mio padre era comunista”. Sarà una storia familiare, una saga che andrà dagli anni settanta al 2010 circa, e narrerà la storia di un bambino che cresce in una famiglia di comunisti e diventa, come una specie di legge del contrappasso, un capitalista rampante. E poi, a ottobre 2018, uscirà una antologia che sto curando, sempre per Morellini, insieme all’amica Barbara Panetta, ispirata alla grande parabola della radio. Si chiamerà “On the radio”, storie di radio, dj e rock’n’ roll. Siamo in 23, (tra i tanti, autori del calibro di Paolo di Paolo, Sacha Naspini, Patrizia Rinaldi, Luca Bottura, Sandro Campani, e dj celebri, come Maurizio Faulisi, alias dr Feelgood, e un racconto commovente scritto da Maurizio Solieri, storico chitarrista di Vasco Rossi, e Leo Persuader, dj di fama nazionale, anche lui legato a Vasco e agli anni di Punto Radio). Inoltre, ci sarà la prefazione di Eugenio Finardi e sento che ci divertiremo molto a portarla in giro…

Luca Martini *(1971), bolognese, è presente in numerose antologie e riviste letterarie, ed è autore di circa trecento poesie, monologhi teatrali, una settantina di racconti, romanzi e favole illustrate. Nel 2008 ha vinto il premio Arturo Loria per il miglior racconto inedito. Un suo racconto, tramite il progetto “Sorprese Letterarie”, promosso dalla scuola Holden di Torino, è finito tra le sorprese di migliaia di uova di Pasqua. Tra le sue pubblicazioni più recenti: il romanzo Il tuo cuore è una scopa (Tombolini Editore, 2014), la raccolta di racconti L’amore non c’entra( La Gru, 2015), la raccolta collettiva di memorie Il nostro due agosto (nero) (Tombolini Editore, 2015) e il libro per bambini Il coccodrillo che voleva essere drago (D Editore, 2017). Insieme a Gianluca Morozzi ha curato le antologie di racconti  Più veloce della luce (Pendragon, 2017) e Vinyl, storie di dischi che cambiano la vita (Morellini, 2017).

L’appartamento- Mario Capello -Edizioni Tunué-

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Il romanzo L’appartamento di Mario Capello (Tunuè Editore, euro 9,90) è composto da tante piccole caselle di una scacchiera narrativa capace di mostrare mosse argute (passaggi letterari) che brillano di luce propria. Per scoprirlo non bisogna essere giocatori d’alto bordo, o aspiranti scacchisti dell’ultima ora ma solo lettori dotati di quella bussola che ha un ago capace di mirare in una sola direzione: la voglia di leggere buona letteratura.

La storia contenuta in questo prezioso libretto dalla raffinata copertina, narra del giovane protagonista Angelo, di un suo cliente chiamato Ferrero e di un segreto nascosto nelle parole (non dette) dell’uomo anziano e  nella voglia di non ascoltare del giovane venditore di case. In questo gioco di ruoli, in questo scambio reciproco che ricorda tanto un sacrificio di scacchi in cui un giocatore perde un pezzo per conquistare una buona posizione sul campo di battaglia, i due s’incontrano a poco a poco. Come un cavallo che si muove mostrando la sua danza elegante e al tempo stesso coraggiosa e  come un alfiere tenace, i due personaggi cominciano a conoscersi attraverso pochi gesti mirati: piccoli indizi nei giochi di faccia, qualche rimando verbale che profuma di educazione e buon maniere ai fini di un giusto rapporto fra impiegato e cliente. Chi vuole vendere cosa, o per meglio dire, chi ha Qualcosa cosa da “vendere”?  In questa mossa astuta si gioca tutta la partita narrativa messa in campo dall’autore. Mario Capello, come un vero scacchista, memore della lezione dei grandi autori che cita fra una riga e l’altra del libro, disegna una partita  elegante giocata fra due uomini che avrebbero potuto – in uno sconosciuto orizzonte degli eventi- non incontrarsi mai. Eppure s’incontrano, qualcosa accade pagina dopo pagina, parola dopo parola. La cifra migliore del libro tende a raccontare questo: a mostrarci, mossa dopo mossa, cosa davvero c’è sulla scacchiera e cosa non avrebbe potuto esserci. Lo sfondo è quello di un Paese, il nostro Paese.

Non capita spesso di leggere un libro così ben scritto; asciutto ed essenziale in ogni riga, preciso e misurato in ogni spazio immaginativo che si dilata con la sua forza narrativa fra un lemma e l’altro. Questa prova narrativa spinge Mario Capello (ormai al suo terzo libro) fra gli autori più interessanti nel panorama contemporaneo italiano, e se non bastasse questa recensione non resta che un solo invito: leggere il romanzo L’appartamento: a poco a poco o tutto d’un fiato conta poco, la partita ha inizio. Non tiratevi indietro. Dietro quelle caselle ogni pezzo/parola schierato/a in gioco ha qualcosa da raccontarvi. Buona lettura e buona partita.

Ps Pezzo toccato, pezzo giocato. Libro consigliato, libro divorato.

Per saperne di più e per comprare il libro, potete consultare il link che segue: http://www.ibs.it/code/9788867901388/capello-mario/appartamento.html

Mario Schiavone per Inkistolio:Storie Orticanti.

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